Amazzonia in fiamme, le cause e le conseguenze del disastro

Chi era nello Stato di San Paolo il 19 agosto rimase sorpreso dall’aspetto del cielo all’inizio del pomeriggio. Quello che sembrava l’annuncio di una tempesta, in realtà era un sintomo della deforestazione accelerata nel Centro-Ovest e nel Nord del paese. Le conseguenze sono maggiori della notte che è scesa sulla capitale paolista.

di Mayara Paixão – Brasil de Fato*

Gli incendi in Amazzonia diminuiscono la quantità di piogge generate e, di conseguenza,il volume di acqua negli invasi che producono energia elettrica.

Chi ne risente nella propria tasca è la popolazione che vede il costo dell’elettricità crescere. Come scenario di fondo vi è la politica ambientale e negligente del governo di Jair Bolsonaro. È ciò su cui mette in guardia il ricercatore e professore dell’Istituto di Energia e Ambiente dell’Università di San Paolo IEE/USP Pedro Côrtes, con cui Brasil de Fato ha realizzato una intervista. Il Brasile ha registrato un aumento dell’83% del numero di focolai di incendio rispetto all’anno passato (periodo 1° gennaio-19 agosto di ogni anno) secondo i dati della relazione del Programa de Queimadasdell’Istituto nazionali di ricerche spaziali/INPE reso pubblico martedì 20 agosto. In tale periodo sono stati registrati 72.843 fuochi, il numero più alto degli ultimi cinque anni; nel 2018 erano stato 39.759. Segue l’intervista.

 

I fuochi di incendi stanno crescendo nel paese, soprattutto in Amazzonia. Dei dieci municipi con il maggior numero di fuochi accumulati negli ultimi cinque anni, nove sono in Amazzonia. Che cosa ci dicono questi dati?

Fin dall’inizio del governo Bolsonaro, e anche prima del suo insediamento, abbiamo verificato nelle sue dichiarazioni una assenza di preoccupazione e attenzione sulle questioni ambientali. In pratica questo agisce come una specie di carta bianca per chi vuole deforestare e utilizzare le terre dell’Unione per uso personale e, quindi, queste persone si servono della deforestazione degli incendi senza che vi sia un minimo controllo e qualche tipo di attitudine del governo per inibire tale comportamento.

Buona parte di queste deforestazioni avvengono in terre dell’Unione senza alcun tipo di autorizzazione, quindi in disprezzo della legge; non c’è controllo e persone o gruppi si impadroniscono di terre pubbliche per interessi personali e senza nessuna entrata per il Tesoro.

Quello che spaventa è l’ indulgenza del governo, che si traduce in una specie di carta bianca per chi vuole deforestare, perché sa che difficilmente sarà raggiunti dal controllo dell’Ibama/Istituto dell’ambiente, che in questi ultimi mesi è stato drasticamente ridimensionato.

 

Possiamo collegare questo fatto con l’avanzare dell’agribusiness?

L’estensione di questi incendi significa che non si tratta di un’ attività di piccoli agricoltori; sono estensioni ampie che richiedono organizzazione. È necessario avere un gruppo, attrezzature, accesso a determinate aree. Di fatto vi una grande partecipazione di gruppi organizzati con risorse finanziarie assai grandi per promuovere questo tipo di deforestazione. Non è il debbio di un piccolo produttore che vuole farsi un campo o avere un modesta area per allevare qualche capo di bestiame. Vengono devastate grandi estensioni.

 

Quali possibili conseguenze climatiche può portare a breve e lunga scadenza l’aumento degli incendi?

Quello che è successo lunedì 19 agosto con il forte fumo che è arrivato nella Regione metropolitana di San Paolo, sfortunatamente, è un esempio didattico della conseguenza climatica di questo tipo di attività. Oltre ad andare incontro ad un naturale periodo di siccità, come è l’inizio del secondo semestre dell’anno, si prevede che i volumi di pioggia saranno al di sotto del previsto. Molto si è detto sui “fiumi volanti”; ma essi altro non solo che l’umidità che si trova al di sopra dell’Amazzonia che, non riuscendo a superare la barriera delle Ande, le costeggia dal lato del territorio continentale e entra nella regione del Centro-Ovest, segue verso le regione Sudest e Sud e porta quell’umidità in una zona dove vi è alta produzione agricola e industriale, non solo in Brasile, ma anche nei paesi vicini. Questo fumo mostra che ciò che è generato in alcune regioni del Brasile, come l’Amazzonia, alla fine è trasportato dal vento in regioni come San Paolo. Come l’umidità, così il fumo dell’Amazzonia è trasportato.

Quando viene iniziata la deforestazione, la cotica erbosa, che ha una radice superficiale, non riesce ad assorbire umidità dal suolo, come invece fanno i grandi alberi dell’Amazzonia, le cui radici scendono a decine di metri drenando acqua dal sottosuolo e, attraverso l’evapotraspirazione, formano le nuvole dei cosiddetti “fiumi volanti”. Con l’inizio della deforestazione, oltre a problemi locali, si ha una riduzione del cosiddetti “fiumi volanti”. E quindi inizia a ridursi il volume di piogge nella regione Centro-Ovest, area agricola importante, oltre che nel Sudest, nel Sud e in Argentina, Paraguai e Uruguai. Questo già di per sé crea una alterazione climatica.

Negli ultimi anni la riduzione del volume di piogge ha fatto sì che gli invasi per produzione di energia idroelettrica, come Três Marias (MG), Serra da Mesa (GO) e altri abbiano livelli molto bassi, impedendo la generazione di energia.

Fatto sta che siamo con la bandiera tariffaria rossa per l’energia elettrica, che è molto alta. E l’Agenzia Nazionale di Energia Elettrica /ANEE ha denunciato rischio idrologico. Manca al governo un piano ambientale che dovrebbe assumere l’Amazzonia come fonte di risorse.

 

Di quale tipo di politica avremmo bisogno per uno scenario con meno incendi, meno deforestazione e meno conseguenze negative per la popolazione?

In verità quello che manca al governo attuale è una politica effettivamente ambientale. Ha invece una politica antiambientale. Vi è una politica negazionista dei problemi ambientali, delle alterazioni climatiche, dei problemi che le persone affrontano non solo nel clima, ma anche tenendo presente le ripercussioni che questo può avere all’estero e che potranno pregiudicare molto il nostro modello di esportazioni in un momento molto critico per la nostra economia. Manca al governo un piano ambientale, che consideri l’Amazzonia una risorsa, ma non con una logica di rapina.

L’Amazzonia ha una funzione ambientale rilevante, con una biodiversità fantastica e molto di quello che si trova nella flora potrebbe entrare nella produzione di nuove medicine e prodotti chimici. Ma non vi è alcun incentivo del governo in questo senso. Il governo considera l’Amazzonia come altre aree nel corso della storia del paese: come aree in cui si può entrare, estrarre, occupare senza pensare alle conseguenze, e poi il danno rimane a carico della popolazione, dell’ambiente e dell’Unione.

 

*Traduzione in italiano a cura di Teresa Isenburg per rifondazione.it