Brexit, Johnson ottiene la sospensione temporanea del parlamento

Boris Johnson innesca nella Brexit la bomba del conflitto costituzionale in Gran Bretagna, strappando alla regina il via libera alla sospensione dei lavori di Westminster per 5 settimane, a partire dal 9 settembre, in modo da ridurre ai minimi termini gli spazi residui a disposizione dei deputati ostili a un no deal.

Abbiamo fatto nuovamente il punto della situazione con David Broder, storico e traduttore inglese, redattore europeo di Jacobin Usa.

Intervista a David Broder a cura di Giacomo Pellini

 

Per far passare la Brexit a tutti i costi BJ ha sospeso Westminster fino al 14 ottobre. Si tratta secondo molti oppositori di una mossa anticostituzionale. È fondata come accusa? 

Anzitutto vale la pena anche considerare cosa sarebbe stata la reazione se un futuro primo ministro Jeremy Corbyn avesse fatto qualcosa del genere – come ha scritto il giornalista laburista Owen Jones, non è difficile immaginare le grida di scandalo, i paragoni con il “Venezuela totalitario” ecc. Ma la stampa sempre applica la propria politica di due pesi, due misure.

Ma no, la mossa di Johnson non è anticostituzionale. Il Regno Unito non ha una costituzione scritta o formale – tutto si basa sulla rilevanza dei casi precedenti. E questa non è la prima volta che sono state utilizzate le prerogative della corona per aggirare il processo parlamentare in questo modo. La proroga è stata utilizzata non solo dal governo laburista di Attlee nel dopoguerra (in quel caso per contrastare il potere dei Lords) ma anche dai Tory di John Major nel 1997 per evitare il scrutinio parlamentare di un dossier sulla corruzione dei suoi ministri.

La prassi costituzionale del Regno Unito è quella di una monarchia “costituzionale” che ha concesso la maggioranza dei suoi poteri all’organo legislativo. Anche essendo repubblicani (una causa minoritaria e molto poco influente nel nostro paese), non deve sorprenderci il fatto che esistono questi meccanismi e non è sensato immaginare, come lo fanno molti oppositori di Brexit, che esistesse nel passato una “normalità” democratica ormai offesa. Allo stesso tempo, si tratta di una sospensione del Parlamento per pochi giorni, in ogni caso sarebbe stato chiuso per tre settimane nel settembre, per i congressi dei partiti, sebbene c’erano anche quelli che volevano annullare questa “conference season” per rimanere nel parlamento fino al 31 ottobre. C’è ancora tempo per bloccare la Brexit (o una Brexit “no deal”).

Al livello politico è senz’altro una mossa che cerca di evitare il processo parlamentare, ma è anche un colpo mediatico. È volto alla preparazione della futura campagna elettorale che vuole Johnson, cercando di raffigurare i parlamentari quali una casta che vuole frustrare la Brexit. Lo slogan di Johnson sarà: chi governa – il popolo o i parlamentari alleati di Bruxelles?

 

La chiusura del Parlamento è dovuta soprattutto alla paura di BJ che a Westminster si formi una maggioranza europeista del tutto diversa da un governo di pasdaran tra brexiters? Ma il governo non è sempre espressione del parlamento? 

Nelle ultime settimane si è parlato della possibilità di un governo alternativo, che avesse come leader o Jeremy Corbyn (cioè il leader ufficiale dell’Opposizione) o una figura reputata moderata o neutrale (come la preferiscono i Liberal Democrat e la destra del partito laburista). Anche un voto di sfiducia nei confronti di Johnson non avrebbe l’effetto di evitare la Brexit (e neanche una Brexit “no-deal”), perché Johnson potrebbe rimanere primo ministro purché non fosse combinata una maggioranza parlamentare alternativa. Se non risultasse possibile creare un governo alternativo entro due settimane, dopo il voto di sfiducia, sarebbe Johnson a convocare le nuove elezioni – ma potrebbe semplicemente fissare la data delle elezioni per il novembre, a uscita già avvenuta.

I numeri parlamentari rimangono molto stretti. Johnson non gode di una maggioranza parlamentare, ma tra la volatilità generale questo fatto non importa tanto. In teoria il suo partito più il DUP (destra, nordirlandese) hanno una maggioranza assoluta di un solo seggio, contando anche i deputati astensionisti ecc., ma alcune dozzine di Tory si sono opposti a ogni Brexit no-deal, quale l’ex-Cancelliere Philip Hammond, che ha criticato in modo molto duro questa ultima mossa di Johnson. Il problema loro è che Johnson non ha bisogno di una maggioranza politica per far passare una Brexit no deal – sarà il risultato automatico del processo articolo 50, se non risultasse possibile far passare un’accordo.

Da quanto sappiamo, sono in molto pochi i Tory che voterebbero non solo per sfiduciare il governo di Johnson, ma anche per far eleggere un altro governo leaderato da Corbyn (anche transitorio, di scopo ecc.). Allo stesso tempo, alcuni fuorusciti ex-laburisti (in teoria, facendo parte dell’opposizione) cercano soprattutto di bloccare Corbyn e hanno detto che non aiuterebbero in ogni modo la caduta del governo attuale, anche se si attestano su posizioni ultra-Remainer e hanno attaccato il leader laburista per il suo mancato europeismo.

 

Le opposizioni si sono scatenate, e Corbyn ha parlato di mozione di sfiducia verso BJ. Ma hanno altre armi gli oppositori al premier, vista anche la crisi costituzionale che si profila? 

Soprattutto potrebbero cercare di far passare una legge per imporre al governo di domandare all’Ue una nuova estensione del processo Article 50, cioè per non uscire il 31 ottobre. Probabilmente la fascia dei Tory pronti a votare una tale legge è più grande del gruppo – molto poco consistente – dei Tory pronti a dare la fiducia a un governo Corbyn, ma in ogni caso sarebbe difficile imporre a Johnson di obbedire una tale legge, cioè assicurare che cercherebbe effettivamente di rimandare la Brexit.

Un’altra soluzione, almeno per bloccare una Brexit “no deal”, sarebbe quella di far passare l’accordo di May, anche contro la volontà del governo attuale, ma sembra molto poco realistico considerando l’intransigenza di molti deputati Remainer.

 

E gli altri strumenti come la petizione che ha già oltre un milione di firme oppure le piazze saranno dei presidi di democrazia? 

Se non riescono a raccogliere 17,4 milioni di firme, Johnson potrà facilmente dire che conta di più il mandato offertogli dal referendum del 2016. Un’altra petizione del genere nell’estate scorsa ha raccolto 6 milioni di firme per bloccare la Brexit, ma alla fine questo è solo un modo di galvanizzare i già-credenti Remainer, dando loro l’impressione di aver “fatto qualcosa”, anziché qualcosa che potrebbe cambiare realmente la politica del governo. Nelle elezioni europee, dopo il rimando dell’uscita, 5.2 milioni hanno votato per il partito di Nigel Farage (il Brexit Party) e solo 1.5 milioni per i Tory. Questi votanti Brexiteer contano molto di più nei calcoli di Johnson, perché una divisione del voto di destra è molto più pericoloso dell’ascesa dei Liberal Democrat (centristi, pro-Remain). BJ non dimostra il minimo interesse per i votanti Remainer, già persi, o quelli nelle piazze.

 

A chi parlava di recupero della sovranità popolare e nazionale e ora si ritroverà il parlamento chiuso, cosa gli diciamo? 

L’antipolitica, o almeno il ripudio dei parlamentari, dei “politicanti” ecc., è molto forte tra chi ha votato per la Brexit, quindi non penso che siano molto colpiti dalla mossa di Johnson. Anzi, forse la accoglierebbero quale un modo di “difendere” il mandato del referendum, contro le pretese dei deputati Remainer. Si parla di recuperare la sovranità parlamentare contro quello di Bruxelles, sì, ma è soprattutto un modo di dire. Alla fine, se Johnson riesce a presentarsi quale il difensore della “sovranità popolare” contro i parlamentari, avrà già vinto.