Zingaretti è il nuovo segretario del Pd. Cosa cambia e cosa no a sinistra

Sono state settimane di mobilitazioni intense per il diffuso mondo della sinistra (o anche del centro-sinistra). Prima la piazza indetta dai sindacati, che ha sancito il debutto del neo-segretario della Cgil Maurizio Landini in compagnia degli altri due sindacati confederali, poi la grande piazza anti-razzista di Milano “People, prima le persone”che ha visto sfilare quasi 250.000 persone senza palco né leader, ma con la presenza ben visibile di due dei tre candidati in corsa per le primarie Pd.

di Adriano Manna

Infine, proprio ieri, le tanto agognate primarie del Partito democratico per incoronare il nuovo segretario chiamato a ricostruire la casamatta del centro-sinistra dalle macerie del renzismo.

Com’è andata lo sappiamo ormai tutti, ha vinto l’attuale governatore della regione Lazio Nicola Zingaretti, scelto da quasi il 70% dei circa 1 milione e 800mila cittadini-elettori accorsi ai gazebo.

Cosa cambia adesso nella sostanza della line apolitica del Pd è invece più difficile dirlo: Nicola Zingaretti è politico con una grande inclinazione alla mediazione, attento a non nominare mai il ripristino dell’art.18, l’abolizione della Fornero, schierato in maniera convinta a favore del TAV (apprendiamo oggi che il suo primo atto da segretario sarà addirittura la visita al cantiere in Val di Susa in compagnia del governatore Chiamparino).

Non aspettiamoci insomma un Corbyn italiano. Del resto la critica alla “terza via” blariana in quel partito l’ha timidamente accennata solo chi ne è poi uscito.

Vale comunque la pena soffermarsi su alcuni aspetti rilevanti:

 

Cosa potrebbe cambiare nel profilo politico del Pd

Difficile immaginare una convinta inversione di tendenza rispetto all’impostazione liberale di stampo “blairista” che ha contraddistinto i democratici sin dalla loro nascita.

Il neo-segretario Zingaretti, almeno pubblicamente, si è sempre ben visto dall’esporsi su questo piano, ponendo però (a differenza di Renzi) più volte l’accento sulla necessità di coniugare la trasformazione in senso pienamente liberista delle relazioni con politiche attive di riqualificazione e reinserimento incentrate sulla persona in quanto tale piuttosto che sul lavoratore.

Il mantra dovrebbe essere sempre quello della flexsecurity europea di stampo liberal-sociale, mai pienamente attuata in alcun paese se non nella sua parte relativa alla flessibilità della forza lavoro. Sembra improbabile un ritorno del partito su posizioni più tradizionalmente social-democratiche.

Rispetto al predecessore Matteo Renzi, Zingaretti intende riprendere una serrata dialettica con la Cgil, il che non è necessariamente incompatibile con la visione poc’anzi citata. Tutt’altro.

 

Cosa potrebbe cambiare sul piano tattico

Probabilmente è proprio il superamento di un partito che si concepisce come autosufficiente, la principale novità che ci si può attendere dal nuovo corso zingarettiano.

La ricostruzione di un campo largo di centro-sinistra è sempre stato il suo proposito dichiarato e su questo, a differenza di altre proposte in campo (come ad esempio quella del “fronte europeista” di Calenda), Nicola Zingaretti sembra essere cosciente del fatto che in questi anni il Pd ha perso soprattutto nelle periferie e nel crescente disagio sociale.

La sua apertura a sinistra (dove però il quadro è frammentatissimo e comunque ben poco rappresentativo degli strati subalterni) è comunque una novità rispetto al cesura effettuata in primis da Veltroni e poi da Renzi, ma dati gli attuali rapporti di forza reali non è assolutamente detto che questo debba coincidere con uno spostamento parimenti “a sinistra” dell’agenda politica.

Esplicativo della modalità di allargamento del campo democratico è proprio il modello Lazio che ha costruito in questi anni il governatore di regione e neo-segretario con il suo “braccio sinistro” Massimiliano Smeriglio (ex Rifondazione ed ex Sel) attuale Vicepresidente della Regione Lazio, che ha dato vita in questi anni ad una estesa rete di realtà civiche che hanno garantito a Zingaretti una significativa estensione a sinistra dello spazio di consenso, oltre il tradizionale recinto democratico.

 

E la sinistra “a sinistra del Pd”?

Quello che rimaneva a sinistra del Pd renziano adesso, con tutta probabilità, sconterà la grave colpa di non essere riuscito a dotarsi di un progetto politico credibile e di non aver neanche abbozzato la costruzione di uno spazio autonomo dai democratici.

Liberi e Uguale è praticamente un progetto abortito sul nascere, e sarà curioso vedere come si comporteranno ora i fuoriusciti di MDP-Art.1 dinanzi al nuovo vorso di Zingaretti (non è affatto da escludere un ritorno all’ovile per molti di loro).

Sinistra italiana di Nicola Fratoianni sembra navigare a vista, stritolata dall’esigenza di non recidere completamente col centro-sinistra e non perdere contatto con i compagni di MDP e le tentazioni di guardare a sinistra verso Rifondazione per un progetto completamente nuovo.

Rifondazione, dopo aver lanciato insieme ad altri il progetto di “Potere al Popolo” è poi uscita da quella piattaforma che si è nel frattempo fatta partito, ma ben più ridimensionata.

Insomma, un quadro ben poco incoraggiante per chi professa l’alternativa ai democratici. E la sensazione è che il paradigma che potrebbe mettere in campo Zingaretti potrebbe rendere ancora più complicato aprire uno spazio ora, vista anche l’abilità vista nel modello laziale nel coprirsi elettoralmente a sinistra.

Sarà interessante a questo punto verificare se per le europee ci sarà una reazione dei “frammenti” rimasti, attraverso con una coalizione incentrata sulla figura di De Magistris (ma lui sarebbe ben poco persuaso al momento, sembrerebbe), oppure si assisterà ad una definitiva Caporetto (almeno nel breve periodo).