Elezioni in Serbia, Aleksandar Vučić consolida il suo potere

Domenica scorsa si sono tenute in Serbia le elezioni politiche generali, che vedevano favorito il blocco di potere uscente, l’alleanza guidata dal Partito Progressista Serbo del presidente della repubblica Aleksandar Vučić. 

Questa vittoria è stata confermata perfino al di là delle più ottimistiche previsioni: accreditata dalle rilevazioni pre-elettorali di un consenso tra il 55% e il 60%, l’alleanza guidata dal Partito Progressista Serbo (SNS) supera addirittura il 62% dei consensi, raccogliendo 189 seggi su 250 del nuovo Parlamento.

Questo Partito Progressista Serbo è una strana creatura: forza nazionalista e conservatrice, collocata a destra e aderente al Partito Popolare europeo, ha ribadito più volte la contrarietà all’ingresso della Serbia nella NATO dimostrandosi invece più disponibile all’apertura alla Cina e al consolidamento della tradizionale alleanza con la Russia. Al contempo la forza politica continua a lavorare per l’adesione del paese all’Unione europea.

Altro risultato superiore alle attese è quello del suo alleato di governo, il Partito Socialista Serbo (SPS) dell’attuale ministro degli esteri Ivica Dačić, accreditato di quasi l’11% dei voti e, in proiezione sul nuovo Parlamento, di 32 seggi su 250, forte soprattutto delle ragioni della continuità dell’alleanza, di una certa continuità nell’esercizio delle relazioni internazionali del Paese, del buon insediamento in diverse realtà della Serbia.

Allo stato attuale, solo il movimento SPAS (Alleanza Patriottica Serba) di Aleksandar Šapić, altro movimento orientato a destra, che si avvicina al 4%, sembra avere la certezza di entrare in Parlamento, con circa 12 seggi, mentre le numerose altre formazioni minori, diverse delle quali espressione della destra o addirittura dell’estrema destra del quadro politico serbo, sembrano lontane dalla soglia di sbarramento.