Portogallo, il governo uscente di sinistra si conferma alle elezioni

Arriva la conferma delle urne per il governo del “blocco delle sinistre” in Portogallo, composto dall’alleanza tra il Partito socialista, Bloco de Esquerda e Partito comunista portoghese, che governano il paese dal 2015.

di Adriano Manna

La formula di governo, che vede un esecutivo monocolore socialista con un appoggio esterno vincolante da parte delle due formazioni della sinistra radicale, ha dimostrato nel suo complesso un’importante capacità di tenuta, riuscendo addirittura ad ampliare la percentuale di consenso delle forze di maggioranza.

Rispetto ai risultati del 2015 i socialisti crescono ancora nell’indice di gradimento elettorale, passando dal 32,3% al 36,6% di oggi, una percentuale che gli permette di eleggere ben 106 deputati.

Crolla l’opposizione di centro-destra del PSD che perde oltre dieci punti percentuali, scendendo dal 38,6% al 27,9% di oggi.

Se il partito socialista ride, i suoi alleati “esterni” della sinistra radicale gioiscono leggermente meno, registrando nel complesso una tenuta in quadro tuttavia di leggero arretramento: il Bloco perde qualche decimale scendendo dal 10,2% al 9,6% di oggi, mentre è più accentuata la perdita del Partito comunista che tradizionalmente si presenta alle elezioni in coalizione con i Verdi (CDU), passando dall’8,3% del 2015 al 6,3% nel voto di domenica.

Si tratta senza dubbio di una grande vittoria personale del leader socialista Antonio Costa, che già da oggi intavolerà le trattative con i due alleati di sinistra per la formazione di un nuovo governo.

Secondo le prime indiscrezioni, nessuno dei due partiti di sinistra chiederà di entrare nell’esecutivo, riproponendo nei fatti la formula che ha permesso di governare con successo il paese nel corso dell’ultima legislatura. Tuttavia è probabile che sia il Bloco che il Pcp chiederanno di vincolare l’azione del governo su alcuni provvedimenti per loro considerati chiave per garantirsi una tenuta elettorale nel medio periodo.

Ma attenzione: il premier Costa potrebbe, numeri alla mano, questa volta anche decidere di fare a meno di uno dei due alleati.