Il “capolavoro tattico” di Renzi è il suo canto del cigno

Nel bel mezzo di una crisi pandemica senza precedenti nella storia recente dell’umanità, con l’Italia in evidente affanno nella ricerca di una quadra di metodo e di sostanza nell’utilizzo del tesoretto del Recovery Fund, Matteo Renzi e la sua “Italia Viva” hanno ben pensato che fosse il momento di minacciare una crisi di governo.

di Adriano Manna

Il “capolavoro tattico”, come lo stesso Renzi ha definito la sua mossa ad una sua recente intervista a La Stampa, sarebbe finalizzato a trovare una “maggioranza alternativa” per un repentino cambio nella configurazione del Governo senza dover passare per le urne.

Questa la versione ufficiale, ovviamente, mentre molto più probabilmente il “Giglio magico” punta ad avere più voce in capitolo nella gestione del Recovery Fund, la grande torta da cui tutti adesso vogliono tagliare la propria fetta, la più grande possibile.

Le elezioni non sono un’opzione sul tavolo

L’ala più governista del PD, che vede in Dario Franceschini la sua massima espressione, ha subito ribattuto che l’unica alternativa a questo governo è il ritorno alle urne. Una contro-minaccia che a dire il vero non sembra molto credibile: c’è da sistemare una legge elettorale tecnicamente inadeguata al recente taglio dei parlamentari e cosa principale, ci sarebbe una campagna elettorale prima e delle urne da allestire poi, nel mezzo di una pandemia ancora ben lontana dal finire.

Cambio di Governo?

La minaccia vera e propria quindi consisterebbe in un cambio di governo, senza sciogliere le camere e quindi senza andare al voto, con conseguente modifica del perimetro della maggioranza governativa e sostituzione del Primo ministro Conte con personalità di altro livello (Mario Draghi?). Ma chi entrerebbe nella maggioranza? L’unico ingresso potenzialmente immaginabile è quello di Forza Italia, la forza di opposizione che, almeno a parole, si è dimostrata in questi mesi più dialogante verso il Governo.

Il problema è che un ingresso di Silvio Berlusconi, causerebbe senza dubbio la fuoriuscita di Leu e probabilmente del M5S, che ha già escluso qualsiasi ipotesi di rimpasto. La realtà è che un cambio di maggioranza non è in questo momento verosimile.

Rimpasto di Governo?

L’ipotesi più concreta rimane quindi quella di un rimpasto, con modifica dei membri del Consiglio dei ministri ed una diversa distribuzione del peso decisionale tra le varie componenti della maggioranza. Ma Renzi, probabilmente, dice il vero quando afferma di “non mirare ad altre poltrone”. Il suo primo interesse è una gestione “politica” del Recovery Fund, che Conte voleva affidare ad una task force tecnica, che sopravviverà seppur in forma molto ridimensionata da questa crisi.

Il canto del cigno del renzismo

Il “capolavoro tattico” di Renzi è, molto probabilmente, anche il suo atto finale, politicamente parlando.

Con questo passaggio conferma la natura prettamente di “disturbo” in seno alla maggioranza della sua creatura politica “Italia Viva”, che incapace di svolgere in questo modo una funzione di “copertura al centro” della coalizione di centro-sinistra (che sembra poter avere ormai organicamente il M5S tra le sue componenti) verrà probabilmente scaricata alle prossime elezioni, tanto dagli attuali alleati di governo quanto dall’elettorato.

Rimarrà un mistero, o forse semplicemente un dato della debolezza della cultura politica odierna, come sia stato possibile che un politico di dimensione locale dotato di una visione esclusivamente tattica e di alcuna capacità strategica abbia potuto prendere in mano, per una fase non così breve, il principale partito riformista del Paese e sedere sullo scranno del Presidente del Consiglio.