In Sardegna torna di scena il bipolarismo, M5S in picchiata

Nel momento in cui scriviamo ancora devono essere diramati i dati ufficiali (si registra un forte ritardo nello spoglio), ma gli exit pool diramati ieri sera ad urne chiuse sembrano confermare un testa a testa tra il candidato della destra (Lega+FI+Fd’I) Christian Solinas ed il candidato di centro-sinistra (PD+LEU+Civici) Massimo Zedda.

di Adriano Manna

Per il candidato del Movimento 5 Stelle, Francesco Desogus si parla di un risultato che oscillerebbe tra il 14,5% ed il 18,5%. Una vera e propria debacle per Di Maio, che alle scorse politiche aveva raccolto nell’isola oltre il 40% dei consensi.

 

Affermazione di una dinamica bipolare col “terzo incomodo”

Certo è presto per dirlo, e le elezioni locali vanno sempre considerate alla luce della loro peculiarità, ma dopo l’Abruzzo anche la Sardegna sembra confermare una tendenza al ricompattamento di quelli che sono stati i due poli della Seconda Repubblica, ovvero il centro-destra (rivisitato e più radicale, a trazione leghista), ed un centro-sinistra che vede ancora nel PD il suo baricentro, soprattutto alla luce dell’incapacità di ciò che rimaneva alla sua sinistra di dotarsi di un qualsiasi progetto politico.

Il M5S rischierebbe, se la tendenza venisse confermata, di diventare una variabile secondaria nello scenario politico italiano, schiacciato dalle dinamiche elettorali locali che lo mettono già oggi fuori gioco per la guida degli enti intermedi e locali, e da una dinamica elettorale nazionale che potrebbe riproporre due grandi poli in corsa per la guida del paese. Ma qui, la grande incognita, è rappresentata proprio dal polo di centro-sinistra.

 

Si rafforza il progetto “zingarettiano”

Zingaretti, volendo semplificare la lettura politica, guarda allo schema del vecchio “Ulivo” aggiornato dalla crisi strutturale del principale partito del centro-sinistra e al terremoto populista di questi anni.

L’idea di un PD “aperto” al civismo è probabilmente una lettura tattica finalizzata ad una rigenerazione nel medio periodo di un soggetto che abbia il suo baricentro nella famiglia del socialismo europeo. Il problema di questo disegno è, che per quanto lo allarghi, questo potrebbe non essere sufficiente per riproporre un disegno con vocazione maggioritaria.

Il tema è quello della copertura “a sinistra”, non tanto sotto il punto di vista politico (dove rimane ben poco) ma sotto il punto di vista sociale: i settori subalterni che hanno abbracciato in questi ultimi anni la proposta grillina, molto difficilmente torneranno all’ovile senza una proposta a sinistra di chiara “rottura” con il passato. Una discontinuità che difficilmente il disegno zingarettiano potrà offrire.

 

Il tema della sinistra antiliberista

L’assenza di un soggetto politico a sinistra del PD rende al momento vano qualsiasi discorso sul piano tattico. Tanto l’ipotesi della riaggregazione autonoma della sinistra di alternativa dal PD, quanto una sua ricomposizione all’interno del cortile del centro-sinistra, appare come una discussione ad uso e consumo degli ormai pochissimi “addetti ai lavori”.

Quello che è certo, come dimostreranno i modestissimi dati della candidatura autonoma di sinistra alle regionali sarde rappresentata da Vindice Lecis (Rifondazione+PCI-Sinistra Sarda), è che la riproposizione di esperienze puramente elettorali che non siano espressione di una progettualità politica, hanno ormai stancato anche i militanti più accaniti.

 

La Lega al bivio

Per la Lega di Salvini si tratta ora di decidere cosa vuole fare da grande: Il partito è cresciuto in tutta Italia, anche al sud, ma non sfonda verosimilmente il tetto del 30% e c’è più di un motivo per credere che la fase ascendente abbia già raggiunto il suo picco massimo, e che da qui in poi si potrà solo calare.

Questi voti regionali sembrerebbero consigliare Salvini per un ritorno nell’ovile del centro-destra (mai realmente abbandonato) per rivendicarne sin da subito la leadership prima che si esaurisca la sempre più precaria parentesi di governo coi grillini.

 

Ripercussioni sul governo? 

Pensare che questa esperienza di governo possa sopravvivere alle prossime elezioni europee, previste per maggio, sembra essere sempre più difficile.

La Lega, come dicevamo, ha urgenza di passare all’incasso e blindare la sua posizione nel centro-destra finché il consenso nel paese è così alto, mentre i 5stelle hanno l’urgenza di trovare una via di uscita da questa crisi, prima che l’iper-attivismo di Salvini consolidi la fuga del proprio elettorato verso altri lidi (soprattutto quello proveniente da sinistra).

A questo punto è possibile che la crisi arrivi proprio dagli ambienti pentastellati, che però non possono staccare la spina prima di aver elaborato un piano di rotta per i prossimi mesi. Ma su questo aspetto, a quanto pare, sembra che lo stesso Luigi Di Maio voglia accelerare proprio nelle prossime settimane.