Salvini si inchina a Trump e dalla Russia arrivano audio imbarazzanti

Dalla Piazza Rossa alla Casa Bianca, il passo può non piacere al campione di scacchi. La Russia è la terra di “Delitto e Castigo”, non di “Arlecchino servitore di due padroni”.

di Onofrio Dispenza – Globalist

 

Se non sai giocare a scacchi, non sederti di fronte ad un grande giocatore. Se non hai una buona cultura di letteratura e cinematografia sul mondo delle spie, non mandare il tuo cameriere a Mosca, nei panni goffi di un personaggio metà consigliere e metà venditore di tappeti. E poi, dai, non nell’hotel che sembra fatto apposta per una partita di scacchi tra spie di primo pelo. E a trattare da magliaro con la quarta fila del numero Uno.

Il grande scacchiere internazionale oggi, è certo, è dominato dallo zar Vladimir, cresciuto tra i banchi del Kgb, freddo dominatore di ogni dissenso, rullo compressore della politica nazionale ed internazionale, l’uomo che ha preso per i capelli quel che restava di un impero smarrito e smembrato, e ha saputo farne un altro di impero, più sottilmente pensato.

Il muro crollato sembrava averlo travolto, invece l’assenza del muro lo ha spinto a farsi avanti, a conquistare spazi e potere in quell’Europa minata da una miriade di movimenti anti Europa, nati simultaneamente e in sincronia con gli intenti dello zar. L’internazionale antieuropeista ha guardato allo zar come allo zio ricco al quale presentarsi, fedele questuante. “La causa comune è complessa, ma richiede soldi e soldi”. Allo zar l’elargizione di fondi da un angolo all’altro d’Europa, in funzione anti Europa, è costato tanto quanto può costare a ciascuno di noi un buon gelato da passeggio. Non si nega niente a nessuno, se ben intenzionato e se promette di restare fedele. E se strada facendo, la fedeltà traballa o nel questuante si fa strada il fascino pericoloso del doppio gioco e del doppio padrone? No problem, la scuola di spie di Mosca non ha rivali, basta un giovane praticante 007, davvero poco per mettere in un cassetto la registrazione giusta nel posto scontato. Se servirà, verrà fuori, arriverà nelle mani giuste e darà un messaggio inequivocabile a chi ha fatto il furbo.

Scene da un film di spionaggio? Forse. O forse una probabile ricostruzione di quel che è venuto fuori ( con qualche avvisaglia, in verità ) nelle ultime ore. La Lega, Mosca, una delegazione leghista che va a Mosca tipo Totò e Peppino, l’incontro al Metropol, i leghisti che disegnano un’Europa presto conquistata dal sovranismo. Tutto facile, insomma, avendo come lume Vladimir, meglio comunque se l’operazione viene adeguatamente “oleata”. Come è poi andata davvero, aspettiamo di saperlo, è assolutamente necessario che si sappia. Se si vuole, per riportare tutto ad una buffa pagliacciata, altrimenti per fare luce su una clamorosa, scandalosa e pericolosa operazione di svendita del nostro Paese e dell’Europa. Il tutto, ad una potenza straniera che freme per farsi largo, politicamente ed economicamente, lì dove un altro protagonista della scena politica internazionale, Trump, vorrebbe allargarsi.

E veniamo al dunque, alla curiosa intervista che Vladimir Putin ebbe a dare al Financial Times. Lo zar di Mosca non cazzeggia mai e non parla mai a vanvera. Parla se deve dire qualcosa o mandare a dire qualcosa a qualcuno o a tanti. In quella occasione disse che non c’è cosa peggiore del tradimento. Ora, conoscendo vagamente Putin, se avessi a che fare comunque con lui, a quelle parole io avrei tremato. Nel frattempo, cosa accade ? Accade che col gran codazzo di informazione che gli viene assicurato, Salvini va negli Usa e, tra una gaffe e l’altra, ci manca poco che non si inginocchi a baciare una ad una le pietre della Casa Bianca.

Dalla Piazza Rossa alla Casa Bianca, il passo può non piacere al campione di scacchi. La Russia è la terra di “Delitto e Castigo”, non di “Arlecchino servitore di due padroni”.

 

Fonte originale: https://www.globalist.it/intelligence/2019/07/10/salvini-si-inchina-a-trump-e-dalla-russia-arrivano-audio-imbarazzanti-coincidenze-2044089.html