Si riaccende il conflitto tra Armenia ed Azerbaigian sul Nagorno-Karabakh

Il Nagorno-Karabakh è al centro di una storica disputa tra Armenia ed Azerbaigian, riesplosa negli ultimi giorni con quella che sembra stia diventando una vera e propria guerra.

di Giulio Chinappi – World Politics Blog

La Repubblica dell’Artsakh, nota anche come Repubblica del Nagorno-Karabakh, è uno stato de facto autoproclamatosi indipendente il 6 gennaio 1992. Il territorio è al centro del conflitto tra Armenia ed Azerbaigian, essendo abitato in maggioranza da armeni, sebbene il suo territorio facesse parte dell’Azerbaigian ai tempi dell’Unione Sovietica. Per questa ragione, l’Armenia sostiene l’indipdendenza della Repubblica dell’Artsakh, con il fine a lungo termine di una riunificazione tra i due territori, mentre l’Azerbaigian rifiuta questa soluzione ed afferma la propria sovranità su tutto il territorio interessato.

La disputa sul Nagorno-Karabakh ha portato anche ad un conflitto armato tra il 1991 ed il 1994, terminato con un cessate il fuoco che ha determinato la situazione attuale. Questo stato non è riconosciuto da nessun Paese membro dell’ONU, ed in molti considerano la repubblica come non realmente indipendente, visto che in realtà funziona come se fosse una regione dell’Armenia. Il governo di Erevan, infatti, garantisce ai cittadini di quest’area il passaporto armeno, necessario per i viaggi internazionali, e molte altre prerogative dei cittadini armeni. Inoltre la Repubblica dell’Artsakh è strettamente dipendente dall’Armenia per quanto riguarda l’economia e la difesa.

Ad ogni modo, dal 1994, il conflitto tra Armenia ed Azerbaigian per il controllo di questa regione è rimasto in uno stato di latenza – ad eccezione di un breve scontro di quattro giorni nel 2016 – che si è improvvisamente interrotto in questi giorni, quando sono ripresi gli scontri tra le due repubbliche caucasiche. Il 27 settembre, gli scontri hanno avuto inizio con entrambe le parti che hanno accusato l’avversario di aver sferrato il primo attacco, causando fino ad ora almeno 39 morti. Tale conflitto si inserisce in un contesto più ampio, visto che l’Azerbaigian ha forti legami storici e culturali con la Turchia ed è considerato come un Paese filo-occidentale, mentre l’Armenia è rimasta fortemente legata alla Russia anche dopo la fine dell’URSS, oltre a coltivare buone relazioni con l’Iran.

Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha fatto sapere che Mosca continua “a guardare la situazione con molta attenzione” e chiede l’immediato cessate il fuoco tra le parti, invitando Armenia ed Azerbaigian a fare ricorso alla diplomazia. “La Russia ha sempre tenuto una posizione ponderata e questa posizione consente alla Russia di usare la sua influenza e le sue relazioni tradizionalmente amichevoli con entrambe le parti al fine di appianare questo conflitto“, ha detto Peskov. Dal punto di vista della Russia, la situazione di conflitto tra Armenia ed Azerbaigian rappresenta un ulteriore problema che va a sommarsi alle tensioni politiche in Bielorussia.

Anna Nagdalyan, portavoce del Ministero degli Esteri di Erevan, ha accusato la Turchia di reclutare mercenari da inviare a sostegno dell’Azerbaigian. Secondo Nagdalyan, inoltre, “istruttori turchi stanno combattendo insieme agli azerbaigiani. Usano armi turche, inclusi droni e aerei. Abbiamo anche informazioni che la Turchia sta reclutando terroristi e mercenari in alcuni paesi del Medio Oriente e li sta inviando in Azerbaigian”.

Nella giornata di lunedì, l’Armenia ha denunciato un’offensiva su larga scala nel nord e nel sud del Nagorno-Karabakh da parte dell’esercito dell’Azerbaigian, come riportato dal portavoce del Ministero della Difesa, Artsrun Ovannisyan: “L’esercito azerbaigiano ha organizzato un’offensiva su larga scala nella valle di Araksa (sud) e nella sezione Matagis-Talish (sud). L’esercito di difesa dell’Artsakh (repubblica del Nagorno-Karabakh non riconosciuta) sta respingendo gli attacchi“, ha scritto su Facebook.

Vladimir Yevseyev, capo del dipartimento del Caucaso dell’Istituto CIS (Commonwealth of Independent States), interpellato dall’agenzia stampa russa TASS, ha affermato che “l’influenza della Turchia sull’Azerbaigian è cresciuta, il che istigherà il conflitto. Suppongo che Mosca dovrà parlare con Ankara piuttosto che con Baku per risolvere il conflitto, se necessario, perché sarà molto difficile fermare le ostilità armate dato questo livello di interferenza turca”.

In seguito all’escalation bellica, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha convocato una consultazione urgente a porte chiuse nella giornata di martedì 29 settembre. Il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese António Guterres, ha inoltre tenuto colloqui in videoconferenza con il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, e con il primo ministro armeno Nikol Pashinyan: “In chiamate separate, il segretario generale ha consegnato lo stesso messaggio: la necessità di un arresto immediato dei combattimenti, un allentamento delle tensioni e un ritorno a negoziati significativi senza precondizioni o ritardi”.

Nel colloquio con Guterres, il premier Pashinyan “ha sottolineato che a differenza delle escalation degli ultimi anni, quella attuale è caratterizzata dalla posizione molto attiva e di parte della Turchia e dalla sua diretta presenza destabilizzante nelle azioni dell’Azerbaigian”, come riportato da un comunicato del servizio stampa del governo di Erevan.

Da Ankara, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan è infatti intervenuto parlando esplicitamente di “occupazione” da parte dell’Armenia di una parte del territorio azerbaigiano, dimostrando di non essere affatto imparziale nel conflitto, ma di sostenere in pieno le mire di Baku. “È arrivato il momento di porre fine all’occupazione, è ora di regolare i conti, altrimenti l’Armenia continuerà ad agire come vuole. Deve abbandonare le terre occupate perché tutti sanno che sono terre azere”, ha dichiarato il capo di stato.