Camila Vallejo: “Ora destituiamo la Costituzione di Pinochet”

«Ora destituiamo la Costituzione di Pinochet». L’ex leader studentesca e attuale deputata del Partito comunista cileno si prepara al voto sull’Assemblea costituente, che è stato spostato a maggio con il pretesto della pandemia: «Il movimento nato dalla rivolta del 2019 non è proprietà di nessuno. Noi non chiediamo, esigiamo perché ce lo meritiamo. Le persone cercano dignità ed è questo che motiva una così grande lotta».

Intervista a Camila Vallejo a cura di Ariadna Dacil Lanza – Il Manifesto*

«Un’Assemblea costituente, il meccanismo più democratico per arrivare a una nuova Costituzione, sarà possibile solo se la cittadinanza si batte per questo» diceva Camila Vallejo nel 2014 a il manifesto. In quel momento l’ex leader studentesca si era appena laureata geografa, era da poco diventata madre di Adela e iniziava il primo dei due mandati da deputata nazionale per il Partito comunista cileno.

«A pensarci adesso, è come se allora stesse per scoppiare tutto», racconta oggi. Il popolo cileno è riapparso con ancora più forza nelle piazze nel 2019, ha detto sì alla riforma costituzionale con il referendum del 2020 e la scorsa settimana, a pochi giorni dalle elezioni dell’11 aprile per la conformazione della Convenzione costituzionale (Cc) – l’assemblea che riformerà la Costituzione – il presidente Sebastián Piñera ha presentato un progetto per spostare il voto al 15 e 16 maggio.

Che opinione ha delle argomentazioni usate dal governo per rimandare le elezioni?

Ci siamo imbattuti in una sorta di ricatto: il governo ha detto che se volevamo proteggere la salute delle persone eravamo obbligati a posticipare lil voto, Comunque siamo di fronte al peggior governo della storia. Il presidente non può dire che non poteva prevedere questo scenario. Dà molto fastidio che dopo tutte le avvertenze non si possa far altro che posticipare le elezioni, sebbene sia cominciato un processo di vaccinazione accelerato. Sapevamo tutti che la pandemia non si sarebbe combattuta solo con il vaccino, tuttavia hanno concesso vacanze, aperto scuole, centri commerciali, casinò, non hanno chiuso le frontiere, il trasporto pubblico è collassato dietro la logica di mantenere il lavoratore produttivo, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: abbiamo oltre 7mila nuovi contagi al giorno, tanti morti e due nuove varianti di Covid. La cosa più tragica è che nessuno assicura che a maggio la situazione sarà migliore.

Dai seggi del Pcc avete presentato misure complementari al rinvio?

Sì, ma il governo ha detto che molte erano inammissibili, ad esempio il trasporto pubblico gratuito o le restrizioni sanitarie. Abbiamo chiesto da aprile dell’anno scorso un reddito universale d’emergenza affinché le famiglie lavoratrici possano rispettare il confinamento, e non lo abbiamo ottenuto. Stiamo portando avanti diverse forme di raccolta fondi per finanziare appunto questo reddito, con il Royalty Minero (compensazione economica che le imprese verserebbero allo Stato per lo sfruttamento delle risorse naturali non rinnovabili, ndr), con l’imposta ai grandi patrimoni e, dall’altro lato, liberando parte dei fondi delle Afp (imprese Amministratrici di fondi pensione), che non è la forma che più ci piace ma, dal Congresso, è la più diretta.

Dopo le manifestazioni del 2011 sono arrivati legislatori di sinistra al Congresso. Cosa hanno permesso invece le rivolte dell’ottobre 2019?
È un processo di maturazione in cui siamo passati da un movimento di carattere sindacale-economico a uno più politico. La rivolta popolare di ottobre ha rivelato che un modo di mettere insieme le diverse istanze era attraverso il cambiamento della Costituzione. Siamo in questo processo e questo movimento non è proprietà di nessuno.

Le elezioni di maggio riusciranno a tradurre nei palazzi quello che è successo nelle piazze?

Nutro speranza che questo processo sia positivo. Si tratta di un momento di destituzione; per prima cosa rimuoveremo la Costituzione di Pinochet per poi costituire una nuova carta fondamentale. La nostra partecipazione nel Congresso sta rivelando le falle del nostro sistema democratico perché la destra è sovra-rappresentata, e c’è un sistema iper presidenzialista. Così non è possibile canalizzare le grandi domande di trasformazione.

Avete approvato iniziative con prospettiva di genere, come la Legge Gabriela che amplia il concetto di femminicidio, ma altre si impantanano al Senato.

Alla Camera abbiamo elaborato molti progetti di legge e facciamo di tutto affinché vengano approvati vista l’urgenza che hanno nell’agenda di genere, ma al Senato passano uno o due anni senza alcun progresso. Come il progetto «Senza consenso è violenza», fermo in Senato da due anni. Il tempo è importante perché in molti casi le donne non accedono alla giustizia, gli viene detto che non possono dimostrare di aver opposto resistenza fisica al tentativo di violenza.

E il progetto di ridurre l’orario di lavoro a 40 ore settimanali?

È ancora in commissione Lavoro al Senato. È un progetto emblematico, che ha raccolto il sostegno della popolazione ancor prima delle rivolte, quando si avvertiva che ci trovavamo davanti a una specie di pentola a pressione. Non so che altro fare. È evidente che il Senato funziona come una camera ritardante delle iniziative più popolari e attua in maniera feudale.

Avete raggiunto la parità nella Cc, adesso quali aspettative ha in merito alla modifica della Costituzione?

Per quanto riguarda il sistema istituzionale democratico credo che la cosa migliore per il Cile sia un Congresso unicamerale. Inoltre credo che il Congresso dovrebbe avere più poteri. Non è possibile che non possiamo determinare, ad esempio, una percentuale della manovra finanziaria, ma diciamo solo sì o no a ciò che propone il Presidente. Abbiamo anche pochissimi poteri in materia fiscale. Altro punto è che ci siano più referendum, e che esista l’iniziativa popolare di legge, presentata direttamente dalla cittadinanza.

A che punto è il dibattito sull’aborto?

Abbiamo fatto un passo importante, considerata la realtà del paese, con la legalizzazione dell’interruzione della gravidanza per tre causali, nel 2017. Oggi stiamo lavorando all’ampliamento a tutte le persone che possono concepire, come gli uomini trans, e abbiamo un progetto di depenalizzazione in commissione Donne ed equità di genere alla Camera. È tutto ciò che possiamo fare dal Congresso, perché per legalizzare avremmo bisogno dell’appoggio del Presidente, e non lo avremo.

Che ne è stato dell’imposta del 2,5% sul patrimonio dei super ricchi?

È un progetto che si scontra fortemente con gli interessi della classe dominante. Ci sono più parlamentari di destra aperti a permettere che la gente prelevi i propri risparmi dai fondi pensione piuttosto che approvare un progetto che prelevi ai super milionari. Non vogliono mettere le mani nelle tasche di Piñera, di Luksic, del Gruppo Angelini. Abbiamo un delinquente alla presidenza. Ovunque guardi ha un conflitto d’interessi. Questa imposta non ricade sui flussi o sugli utili, ma su ricchezza immobile. Noi diciamo che queste riserve si traducano in un reddito di base universale, che attiverebbe l’economia perché permetterebbe il consumo. Nessuno può accumulare un livello di ricchezza tale, nemmeno lavorando 100 anni, bensì lo deve al lavoro di altri, a regalie e a benefici tributari, all’accesso a informazione privilegiata, alla distribuzione delle risorse naturali.

Oggi in Cile la parola «dignità» è molto presente. Cos’è una vita degna di essere vissuta?

(Sospira e sorride) Credo nel rispetto illimitato dell’essere umano e delle sue necessità materiali e spirituali fondamentali. Abbiamo un principio centenario che è che ogni persona riceva ciò di cui ha bisogno e apporti per quanto può dare. Siamo esseri biopsicosociali, quindi una vita degna di essere vissuta è quella che ti garantisce la realizzazione personale e nella società. Credo che ciò che le persone cerchino sia la dignità, farsi valere, ed è ciò che motiva questa grande lotta. Non chiediamo, esigiamo perché ce lo meritiamo.

 

*La traduzione in italiano è a cura di Gianluigi Gurgigno