L’ex senatrice e partigiana Lidia Menapace ci ha lasciati

Si è spenta questa notte, all’età di 96 anni, Lidia Menapace, ricoverata da alcuni giorni per il Covid nel reparto di malattie infettive dell’ospedale “San Maurizio” di Bolzano.

Nata a Novara il 3 aprile del 1924, giovanissima prende parte alla Resistenza come staffetta partigiana e nel dopoguerra è impegnata nei movimenti cattolici, in particolare nella Fuci, laureandosi al contempo con il massimo dei voti in Letteratura italiana all’Università Cattolica di Milano.

All’inizio degli anni Sessanta inizia ad insegnare presso l’Università Cattolica con l’incarico di Lettrice di Lingua italiana e metodologia degli studi letterari fino al 1968, quando, a seguito della pubblicazione di un documento intitolato “Per una scelta marxista”, non le viene rinnovato l’incarico di Lettrice. Nel 1964 è la prima donna eletta in consiglio provinciale a Bolzano e la prima donna in giunta provinciale.

Nel 1968 esce dalla Democrazia cristiana, della quale, ormai, non condivide più la linea politica. Simpatizza per il Partito comunista italiano, ma nel 1969 è tra i fondatori del primo nucleo de «il manifesto», per il quale ha scritto fino agli anni ’80. Nel 1973 è tra le promotrici del movimento Cristiani per il Socialismo. Nei primi anni Ottanta è consigliere a Roma nelle liste del Partito democratico di unità proletaria.

Attivista del movimento pacifista e femminista, dal 2006 al 2008 è stata anche senatrice di Rifondazione comunista. Volto di riferimento dell’ANPI, dal 2011 era membro del Comitato Nazionale.

Testimone attiva della Resistenza, aveva rilasciato una delle ultime interviste sul tema lo scorso 25 aprile, in occasione dello speciale curato da Gad Lerner trasmesso su Rai3: “Contesto l’idea che le donne potessero essere solo staffette perché la lotta di liberazione è una lotta complessa”. E “il Cnl del Piemonte mi disse che potevo essere partigiana combattente anche senza portare armi“. Di noi dicevano che “eravamo le donne, le ragazze, le puttane dei partigiani”. Ma “senza le donne che ricoveravano l’esercito italiano in fuga non avrebbe potuto esserci la resistenza“.

Nel 2013 venne lanciata una raccolta firme perché fosse nominata senatrice a vita. Tra le promotrici Monica Lanfranco che scrisse: “E’ probabilmente la miglior testimonianza di come il Paese nel suo complesso, e la sinistra in particolare, non sappia valorizzare i suoi talenti”. Senatrice a vita Lidia Menapace non lo diventerà mai. Ma il suo impegno in prima fila continua: dalla campagna per il no al referendum Renzi alla candidatura con Potere al popolo nel 2018.