La sanità pubblica è una delle migliori idee della storia

In prigione si dispone di tempo per pensare e riflettere. E, in larga misura, cerco di farlo quando insegno l’importanza della sanità pubblica. 

di Oriol Junqueras*

In teoria, dovrei fare una sessione di storia il venerdì mattina e una di scienze la domenica pomeriggio. Ma, come potete immaginare, finisco sempre per rispondere a ogni sorta di domande che gli studenti – intendo i miei compagni di prigionia, naturalmente – mi rivolgono.

E sono sicuro che non vi sorprenderà che, di questi tempi, abbiano voluto parlare di virus ed epidemie. Abbiamo dunque parlato della peste nera del 1348, e di come le ondate successive di questa epidemia si siano susseguite in Europa, al ritmo di una ogni decennio, almeno fino alla cosiddetta “peste di Marsiglia”, che, se la memoria non mi inganna, risale al 1725; del vaiolo, che in molti casi ricevette il terribile appellativo di “Erode dei bambini”, e il sorprendente sviluppo del suo vaccino alla fine del XVIII secolo; delle grandi epidemie di colera del XIX secolo e dell’enorme utilità della candeggina; della malaria e della mancata ricerca di un vaccino; dell’influenza spagnola del 1918; dell’AIDS. …e molte altre malattie e cure.

A un certo punto, ho chiesto quanti soldi avrebbero cercato di risparmiare per affrontare una possibile malattia dei loro figli, se non ci fosse un sistema sanitario pubblico disposto a fare tutto il possibile per salvare la loro vita in caso di necessità. Tutti hanno risposto che avrebbero fatto tutto il possibile per risparmiare, per avere più soldi come riserva. Perché, in questo caso, il rischio da correre sembrava loro inaccettabile.

E quando ho chiesto cosa succederebbe all’economia se tutti i genitori ritirassero dalla circolazione i soldi da usare come riserva per garantire la salute dei loro figli, si sono resi conto che l’economia patirebbe un inevitabile collasso. E immediatamente gli è sembrato che investire gran parte dello sforzo fiscale nel sistema sanitario pubblico è una delle migliori idee della storia.

La domanda successiva era: che senso avrebbe un sistema sanitario pubblico che non fosse universale, visto che le malattie di chi ne è stato escluso potrebbero riverberarsi come un vero e proprio boomerang contro coloro che si sono assicurati, vanificando gli sforzi fatti per proteggere solo una parte della popolazione? E hanno concluso all’unanimità che il sistema sanitario pubblico deve essere libero e universale. Anche per il bene di chi paga più tasse per sostenerlo, se non altro perché – almeno a lungo termine – pagare per sostenere un buon sistema sanitario finisce sempre per essere più economico che non pagare affatto.

Sono sicuro che la drammatica epidemia del coronavirus aiuta a spiegarlo. Sono anche convinto che avremo imparato la lezione. Non farlo equivarrebbe ad ammettere un grande fallimento collettivo come società. Lo stesso si potrebbe dire di una buona istruzione pubblica, per tutti, universale. Avremo tempo per parlare di nuovo. O di un sistema fiscale progressivo, che non solo risponde a un desiderio di giustizia sociale, ma ci aiuta anche a costruire e consolidare una società più sana e più giusta.

Ora che sembra che abbiamo cominciato a contenere il diffondersi della pandemia, e abbiamo già cominciato a discutere su una ripartenza progressiva, vorrei invitarvi a non abbassare la guardia. Bisogna continuare a lavorare mattina, pomeriggio e sera e rispondere in uno scenario che, a breve termine, non sarà facile. L’aumento della disoccupazione e i problemi di liquidità delle piccole e medie imprese stanno già seminando il caos, indebolendo quei settori produttivi che nei momenti peggiori (nella crisi scatenatasi nel 2008) sono stati il motore che ha mantenuto in vita l’economia durante i suoi momenti più difficili, un punto di forza che dobbiamo saper preservare.

 

 

*Quest’estratto dell’articolo originale, pubblicato su Naciódigital, è stato curato e tradotto in italiano dalla giornalista Carla Signorile, che ringraziamo sentitamente.