Perché il MES evidenzia i caratteri antidemocratici dell’Unione europea

Il MES mette in evidenza i caratteri antidemocratici della governance europea. La principale causa dell’erosione democratica va cercata nella sempre più forte deriva intergovernista che da tempo percorre l’Unione.

di Andrea Amato – Alternative per il socialismo*

Chiunque in questi ultimi dieci anni abbia soltanto visto distrattamente i telegiornali o abbia appena scorso qualche quotidiano si sarà sicuramente accorto che, ciclicamente, il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, assurge ai primi posti della cronaca politica, per poi scomparire e ricomparire dopo un lasso di tempo che può essere di qualche mese o di qualche anno. Da sempre ritenuto lo spartiacque tra ciò che erroneamente viene considerato europeismo e antieuropeismo, è l’emblema della fallacia con cui si svolge e viene rappresentato il dibattito sull’Europa e l’Unione europea. Una sorta di maledizione di cui non ci si riesce a liberare.

Nel momento in cui vengono scritte queste note, il MES è uno dei temi più caldi del dibattito mediatico italiano. Dopo quasi tre anni in cui i Governi di questo Paese hanno traccheggiato sulla ratifica della riforma1 del MES, caduta anche quella che per molti era la speranza che fosse la Corte Costituzionale Federale tedesca a bloccare il processo di ratifica, il Parlamento italiano è costretto a prendere una decisione. Le forti pressioni provenienti da Lussemburgo (sede del MES), da Bruxelles e da Francoforte (BCE) sembrano ormai aver fatto breccia anche sulle due principali forze di Governo (Fratelli d’Italia e Lega) da sempre contrarie a questo strumento. Pesa il timore, anzi la paura, dell’isolamento in Europa e, soprattutto delle probabili ritorsioni da parte dei mercati ma anche dei poteri che esercitano, direttamente o indirettamente, le pressioni politiche per la ratifica, a cominciare da chi non ha mai digerito il (presunto) “momento hamiltoniano” del periodo pandemico.

Come è ormai consuetudine in Italia, il dibattito sul MES, anziché svilupparsi intorno a chiare scelte di politica economica a livello nazionale ed europeo, si riduce allo scontro tra diversi posizionamenti, accuse reciproche di ideologismo, argomentazioni capziose e mendaci -fino a giustificare, se non a negare le nefandezze commesse dal MES in Grecia. Un esempio lampante di questo deprimente livello, è stata la discussione del 292 e 303 novembre 2022, alla Camera dei Deputati, sulle mozioni4 presentate in merito alla ratifica della riforma del MES.

A parte qualche raro approfondimento su una materia tecnicamente complessa ma politicamente non così difficile da capire e spiegare, la discussione potrebbe essere rappresentata da alcuni “tratti” che, parafrasando il linguaggio della psicologia, si potrebbero dire “comportamentali”. Il più appariscente è l’aggressività; per esempio, il furore ideologico (ideologia nel significato marxiano di falsa coscienza) con cui Azione/Italia Viva attacca l’”antieuropeismo” del Governo, sbandierando un fideismo europeistico che serve soprattutto a mascherare una militanza ordoliberale contraria agli interessi della maggioranza dei cittadini italiani. Il tratto comportamentale reciproco è l’autodifesa, quale quella di Fratelli d’Italia, che deve difendere al tempo stesso la contrarietà alla ratifica del MES e l’acquiescenza di fresca data ai vincoli europei. Poi, c’è la superbia dei reduci della “terza via” blairiana – ancora presenti e potenti nel Partito Democratico, soprattutto sulle questioni europee e internazionali. Alla superbia fa da contraltare l’imbarazzo. Per restare nel PD, l’imbarazzo di quanti hanno posizioni più dialettiche nei confronti dell’Unione Europea ma che, probabilmente, non se la sentono di sconfessare l’ex ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che ha negoziato e poi, il 27 gennaio 2021, firmato le modifiche al Trattato del MES. Non va, infatti, dimenticato che gli elementi essenziali di ciò che sarà poi la riforma adottata, erano già contenuti in un term sheet licenziato dall’Eurogruppo (i ministri delle Finanze della Zona Euro) nel dicembre 20185. Un imbarazzo che i benpensanti del PD risolvono con una sorta di “entrismo”: ora ratifichiamo, poi da dentro modifichiamo il MES per farlo diventare uno strumento accettabile. Un vero e proprio wishful thinking. E, poi, l’imbarazzo del Movimento 5 Stelle che non riesce a conciliare un no alla ratifica con il ruolo avuto dai due Governi Conte nei negoziati per la riforma del MES. Ma c’è anche l’imbarazzo di Fratelli d’Italia nel dover difendere una posizione che si teme debba essere capovolta in un successivo dibattito parlamentare.

La critica alla riforma

Tutto ciò a fronte di un’opinione pubblica disorientata e poco informata. Non è azzardato affermare che la maggior parte dei cittadini italiani non sa cosa sia il MES; che gran parte di quelli “informati” pensa che la riforma abbia cancellato i suoi aspetti negativi, o fa confusione tra MES e MES sanitario6, o si sente tranquillizzata dalle rassicurazioni che l’Italia non accederà mai ai prestiti del MES; che gran parte delle opinioni si formano sull’antitesi europeismo-antieuropeismo.

Naturalmente, non sono mancate sulla riforma analisi rigorose fatte da economisti, centri di ricerca, accademici che hanno letteralmente demolito i contenuti della cosiddetta riforma. Molte di queste hanno fornito solide basi alle posizioni assunte dalla sinistra critica; ciò che non è successo agli “europeisti” del Partito Democratico che, per esempio, avrebbero potuto studiare il policy brief del 12 novembre 2020 (cioè prima che Gualtieri firmasse l’accordo), a firma del Vicedirettore del Centro Jacques Delors della prestigiosa Hertie School di Berlino, o, quantomeno, soffermarsi sul suo inequivocabile titolo: “È ora di tornare a casa. Se il MES deve rimanere rilevante, deve essere reinventato all’interno dell’UE”7. Ma già un anno prima, il 20 novembre 2019, i deputati delle Commissioni Bilancio e Politiche UE della Camera dei Deputati avevano potuto ascoltare dalla voce del prof. Vladimiro Giacché, allora Presidente del Centro Europa Ricerche (il CER, fondato da Giorgio Ruffolo e Luigi Spaventa), un’analisi della riforma del MES, che sostanzialmente dimostrava come essa non fosse utile alla Zona Euro né tanto meno all’Italia. “Al contrario, così come sono stati predisposti, gli strumenti di assistenza finanziaria sembrano perfetti per innescare una nuova crisi del debito, perseverando in tal modo nei gravi errori del 2011-12”8.

Questo per quanto riguarda l’accesso al credito da parte degli Stati Membri; da molte altre parti sono state avanzate critiche anche sull’altro “corno” della riforma, quello del prestito (il famoso backstop) di 68 miliardi al Fondo di risoluzione unico per le crisi bancarie, spesso evocato come passaggio necessario per la creazione dell’Unione Bancaria. L’ultima arriva da un versante inaspettato, quello del prof. Francesco Giavazzi, che in un articolo del 4 gennaio 2023, così smantella la proposta del backstop: “Un fondo come questo, con risorse ampie ma non illimitate, non può arginare una crisi bancaria. Per fermarla è necessario che lo Stato, o un suo fondo, siano disposti a impiegare risorse illimitate (whatever it takes). Se le risorse sono limitate sarà la speculazione ad avere la meglio.”9

In realtà, la proposta era già stata criticata da un Appello10 del 20 dicembre 2022, in cui un gruppo di 37 economisti e accademici di sinistra aveva chiesto al Governo di non ratificare la riforma del MES. Così l’Appello, in merito al backstop: “Non si vede perché il compito di backstop per l’unione bancaria debba essere affidato a un organismo al di fuori delle istituzioni comunitarie, di diritto lussemburghese, che per statuto è tenuto a perseguire il solo interesse dei creditori e dunque a non prendere in considerazione – o comunque a mantenere in subordine – gli interessi politici generali”. E più in generale, sulla riforma: “La sola riforma sensata del MES sarebbe la sua abolizione, e l’attribuzione degli 80,5 miliardi di capitale versati dagli Stati membri a una costituenda “Agenzia del debito” come proposto da Massimo Amato, Francesco Saraceno e altri. Scorrendo i nomi dei firmatari si ritrovano molti dei 32 economisti che, il 4 dicembre 2019, avevano sottoscritto un analogo appello11 in cui mettevano in guardia il Governo, e in particolare il Ministro Gualtieri, dai rischi che l’adozione delle proposte di riforma, in discussione da un anno, avrebbe comportato per l’Italia.

Sulla base di quanto sin qui riportato, è evidente l’esigenza di un’analisi più approfondita, anche per dare risposta agli interrogativi che le questioni che sono in questo momento in gioco pongono soprattutto in riferimento alle prospettive. Una cosa che meriterebbe di essere pienamente disvelato è il progetto politico sotteso alle pressioni dell’establishment dell’Ue e dei comportamenti dei diversi Stati membri. Per esempio, alla lettura di un lungo articolo12 del 2 aprile 2020, in cui due dirigenti del MES spiegano i contenuti della riforma, è difficile sottrarsi all’impressione (per non dire intendimento) che, da un lato, essa rappresenti una sorta di trojan per un maggiore controllo dei conti pubblici nazionali a beneficio dei mercati, dall’altro, si punti a una strumentazione per rendere gestibile (soft) e ordinata una ristrutturazione del debito pubblico.

Una questione alla quale sarebbe, inoltre, opportuno dare una risposta, è come valutare le diverse proposte di trasformare il MES nella Agenzia Europea del Debito (EDA13). Per esempio, la proposta elaborata da Giavazzi e Weymuller14, che è stata alla base della famosa lettera di Draghi e Macron al Financial Times del 23 dicembre 2021,15 che lascerebbe il MES così com’è e che aveva già un precedente nella proposta di Stefano Micozzi, pubblicata dal Centre for European Policy Studies (CEPS)16. Ma anche, la proposta di Massimo Amato e Francesco Saraceno17, in cui l’Agenzia assorbirebbe non solo i titoli posseduti dalla Banca Centrale Europea (BCE) ma diventerebbe l’unico intermediario tra gli Stati dell’Eurozona e il mercato; proposta che, però, escluderebbe la mutualizzazione anche parziale del debito, prevista invece da Draghi/Macron. A questo proposito, si può davvero pensare che la gigantesca questione della gestione europea del debito pubblico, una questione prettamente politica, possa avere una risposta tecnica? È evidente la convergenza di interessi e posizionamenti volti a “sgravare” la BCE dagli interventi sul debito pubblico e “liberarne” il bilancio dai titoli pubblici, ma si ha chiara consapevolezza di dove questo ci potrà portare?

Il peccato originale e la Troika

Non è questa la sede per un’analisi di questa portata; l’interesse principale di questa riflessione è, invece, vedere come la specificità istituzionale e la valenza politica del MES, nel loro evolversi, interferiscano con il degrado democratico dell’Ue. Ovviamente, il primo elemento da porre sul banco degli accusati è il suo assetto intergovernativo. Certo, non è il solo organo o istituzione dell’Unione ad avere questo peccato originale. Ma è quello che lo ha rappresentato nel modo più appariscente, perché, di solito, chi guarda alle vicende europee in modo non acritico associa la natura intergovernativa del MES alla sua storia negativa; quella degli interventi che, anche in modo violento, si sono abbattuti sulla vita di una parte, tra le più deboli, dei cittadini europei, a cominciare da quelli della Grecia. Ed è indubitabile che nella memoria collettiva di gran parte dell’opinione pubblica, il MES è associato all’abominio degli interventi dei “gendarmi” della cosiddetta Troika (Commissione, BCE, FMI). “Una presenza molto intrusiva e di fatto una cessione di sovranità asimmetrica” l’ha definita lo stesso Mario Monti18. La ferocia dei Programmi di aggiustamento economico imposti alla Grecia fa impallidire i più devastanti PAS (Programmi di Aggiustamento Strutturale) del FMI – c’è da chiedersi che ne è stato di quel pensiero progressista che negli anni ’80 e ’90 aveva additato al mondo intero le scelleratezze dei PAS nei Paesi in via di sviluppo. Non ci può nemmeno dimenticare che la Grecia si è liberata della Troika solo nell’agosto 2022, dopo 12 anni di sorveglianza “armata”.

Tutto questo è accaduto intorno a un organismo che non è all’interno dell’Unione Europea e, pertanto, il suo operato non è sottoposto ad alcun controllo democratico, né da parte del Parlamento Europeo né dai Parlamenti nazionali. Infatti, secondo quanto si può leggere nel sito giuridico dell’UE, il “MES è un’organizzazione intergovernativa regolata dal diritto pubblico internazionale, con sede in Lussemburgo. I suoi azionisti sono i paesi della zona euro”19.

Gli organi che assumono le decisioni più importanti sono il Consiglio dei Governatori, composto dai Ministri delle Finanze della Zona Euro (20, dal 1° gennaio 2023, con l’ingresso nell’euro della Croazia) e il Consiglio d’Amministrazione, composto da rappresentanti dei suddetti Ministri (per l’Italia è il Direttore Generale del Tesoro).

Ma è corretto addossare al MES tutta la responsabilità dei misfatti della Troika? Intanto occorre avere riguardo per la cronologia. L’11 aprile 2010, l’Eurogruppo decide ufficialmente di realizzare il primo Programma di “assistenza” finanziaria alla Grecia, congiuntamente con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), e di inviare in Grecia un gruppo di lavoro composto da funzionari della Commissione, della BCE e del FMI, con l’incarico di “convenire” con le autorità greche (Governo e Banca Centrale) le condizioni per ottenere un primo prestito20. Il giorno dopo il gruppo è già ad Atene. Nasce così la Troika. Questo suo primo lavoro si conclude il 2 maggio con un accordo che è alla base della decisione, dei Capi di Stato e di Governo della Zona Euro, del 7 maggio 2010, di varare un Programma congiunto di 110 md. di euro 21. A seguire, sono stati definiti tre Protocolli d’intesa (Memorandum of Understanding – MoU) in cui le autorità greche (Governo e Banca Centrale) si impegnavano con la Commissione europea (per conto dell’Eurogruppo) e la BCE a realizzare, sotto il loro controllo loro e quello del FMI, un duro Programma di aggiustamento economico22, il primo di una tormentata serie. Tutto questo succedeva qualche giorno prima del 9 maggio 2010, data in cui fu costituito il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FEFS), cioè l’antecedente del MES (fondato il 27 settembre 2012). Anche gli analoghi Protocolli con l’Irlanda (16 dicembre 2010) e il Portogallo (17 maggio 2011) sono precedenti al MES. Insomma, la Troika non l’ha inventata il MES, l’ha semplicemente ereditata.

È comunque vero che nell’operazione volta a dare ai cosiddetti “salvataggi” un assetto istituzionale meno improvvisato, i Governi della Zona Euro hanno trasferito al MES, alcune criticità che ne hanno caratterizzato l’intera esistenza e che non sono eliminate dall’attuale riforma; anzi, per certi versi, vengono ancor più accentuate. Una di queste è la non sempre facile contiguità tra Commissione, Bce e FMI, nelle decisioni politiche e nell’attività della Troika. Si tratta di tre istituzioni con missioni, interessi, logiche, regole e modus operandi differenti che rendono complicate le convergenze. I Protocolli d’intesa stabiliti da Grecia, Irlanda e Portogallo con la Commissione Europea e la BCE contenevano clausole di condizionalità molto più dettagliate e fiscali di quelle previste abitualmente dal FMI. Spesso le differenze si sono trasformate in vere e proprie divergenze, come quella rimasta famosa della contrapposizione tra BCE e FMI sulla ristrutturazione del debito greco. La stessa partecipazione della BCE alla Troika è stata oggetto di critiche per “potenziali” conflitti d’interesse tra le attese del Paese oggetto del Programma e la missione di politica monetaria della Banca, ma anche per la sua posizione diventata spesso di creditore del Paese “assistito”23. Volendo usare un eufemismo, nella categoria dei conflitti d’interesse potrebbe essere incluso anche quello che ha aggravato l’esposizione dei Paesi dell’Eurozona e devastato economicamente e socialmente la Grecia per salvare gli interessi delle banche tedesche e francesi.

Fuori ma non fuori dell’UE

Di solito si pensa al MES come ad un organismo esterno all’Unione, al quale i Governi hanno delegato compiti che, a seconda dei punti di vista, possono essere considerati operazioni sensibili oppure lavoro sporco. Non si fa pertanto sufficiente attenzione al complicato gioco di specchi tra Consiglio Europeo, Eurogruppo, MES, Commissione Europea e BCE, per ciò che attiene alle responsabilità e ai compiti rispettivi. È vero, come si è detto, che l’esternalità del MES, la sua “extra territorialità”, lo sottrae certamente a ogni controllo democratico, ma l’intreccio con l’Unione e le sue Istituzioni è molto più intenso di quanto non appaia a prima vista.

Innanzi tutto, per la connessione con il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). La Decisione del Consiglio Europeo del 25 marzo 2011, che ha modificato l’art. 136 del TFUE24, rappresenta l’atto di concepimento del MES, e quando essa entra in vigore il 27 settembre 2012 (dopo le ratifiche di tutti i 27 Stati membri; la Croazia non era ancora formalmente entrata nell’UE e il Regno Unito non ne era ancora uscito), lo stesso giorno nasce il MES. Quindi, un’entità non apolide, ancorché non rientri nel quadro giuridico dell’UE. Inoltre, con la stessa modifica al TFUE si stabilisce che “La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità.» Quindi, anche la condizionalità non l’ha inventata il MES. Ovviamente, il riferimento all’art.136 modificato è presente nel Trattato istitutivo del MES.

C’è, poi, il collegamento con il coordinamento delle politiche economiche previsto dal TFUE. Oltre al generico richiamo alla governance economica contenuto nel preambolo del Trattato istitutivo del MES, non deve sfuggire che in quello riformato, tra i criteri di ammissibilità a una linea di credito condizionale precauzionale (quella per i Paesi “virtuosi”), figurano, come condizionalità ex ante, il rispetto dei parametri quantitativi di bilancio e l’assenza di squilibri eccessivi25, cioè Patto di stabilità, Fiscal Compact, Sorveglianza macroeconomica (PSM), Semestre europeo. Naturalmente, la riforma del MES, per motivi cronologici, ignora le proposte per la riforma della governance economica, avanzate dalla Commissione nel 2022.

Ma, sempre per restare in questo campo, va ricordato che il Trattato riformato attribuisce al Mes la facoltà di tenere sotto controllo i conti pubblici nazionali 26. Il rischio trojan di cui già si è detto. Da notare che nello stesso Trattato – forse per prevenire eventuali preoccupazioni su questa tracimazione e, più in generale, su questi collegamenti così stretti – si sente il bisogno di affermare che “il MES non dovrebbe essere usato ai fini del coordinamento delle politiche economiche tra i suoi membri, per il quale il diritto dell’Unione europea prevede le necessarie disposizioni. Il MES rispetta i poteri delle istituzioni e degli organi dell’Unione quali attribuiti dal diritto dell’Unione europea”27. Si aggiunge quindi un’ulteriore zona grigia, in cui l’attribuzione delle responsabilità è sempre meno chiara ed è difficile evitare il sospetto che questa fumosità serva soprattutto a garantire ai Governi della Zona Euro, ulteriori margini di discrezionalità.

La natura ibrida dell’intergovernatività del MES, in cui entrano in gioco vari soggetti istituzionali, emerge chiaramente se si ripercorre la sua genesi. L’idea di un “meccanismo permanente” per “prevenire l’instabilità finanziaria nella zona euro” è avanzata, nell’ottobre 2010, dalla task force sulla governance economica istituita dal Consiglio europeo, la massima espressione del intergovernativismo istituzionale. La task force era presieduta dallo stesso Presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy, composta dai ministri delle Finanze di tutti gli Stati membri (per l’Italia Giulio Tremonti), dal Commissario per gli Affari Economici e Monetari Olli Rehn, dal Presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker (allora Primo Ministro del Lussemburgo) e dal Presidente della BCE Jean-Claude Trichet. Una compagine, anch’essa, a forte caratura intergovernativa; ciononostante, la sua relazione finale lascia aperta la questione della collocazione all’interno o fuori dell’UE del “meccanismo permanente”28. È il Consiglio europeo, il cui ruolo è ormai debordato rispetto a quello previsto dal Trattato29, a prendere – sulla base delle proposte della task force – le decisioni “vere” sulla creazione del MES, la definizione del suo ruolo e delle sue caratteristiche.

Così, è il Consiglio europeo che “conviene”, nella riunione del 28/29 ottobre 2010, che siano gli Stati membri a istituire “un meccanismo permanente di gestione delle crisi per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo insieme.” A tal fine si decide di avviare le consultazioni per modificare l’art. 136 del TFUE, “senza modificare l’art. 125 del TFUE (clausola ‘no bail-out’ – principio del ‘non salvataggio finanziario’)”30. È sempre il Consiglio europeo che, nella riunione del 24/25 marzo 201131, “plaude alle decisioni adottate l’11 marzo dai capi di Stato o di governo della zona euro” (in cui si invita l’Eurogruppo a portare a termine i lavori sul MES attenendosi “rigorosamente” a quanto stabilito dal Consiglio europeo) e approva un documento contenente le caratteristiche che dovrà avere il MES, documento prodotto dall’Eurogruppo e già approvato dallo stesso Vertice dei Capi di Stato o di Governo della Zona Euro32. Insomma, un gioco di legittimazione reciproca delle decisioni, giocato su più tavoli, in cui a dare le carte sono sempre e soltanto i Governi. Sono, quindi i Governi, in vari “formati” che, non volendo riconoscere né alla BCE né all’UE né agli Stati membri, la facoltà di “venire in soccorso” di uno Stato eccessivamente indebitato – per cui sarebbe stato necessario cambiare gli artt. 123 e 125 del TFUE – decidono di cambiare l’art.136 rendendo così possibile la costituzione del MES al di fuori dell’Ue. È vero che per cambiare quei due articoli sarebbe stata necessaria la convocazione di una Conferenza Intergovernativa e la ratifica degli Stati Membri, ma è anche vero che quest’ultima fu necessaria anche nella “procedura semplificata” per modificare l’art.136, operazione che, peraltro, fu considerata, da più parti, una forzatura giuridica. Certo, tutto ciò porta alla “banale” conclusione che i problemi giuridici possono sempre essere superati se c’è volontà politica.

Le responsabilità della Commissione europea

Più complicata e, in ultima analisi, perniciosa è la relazione tra MES e Commissione Europea, così come definita nel Trattato istitutivo e, sostanzialmente, confermata dall’Accordo di riforma. Se, già dopo qualche anno dal Trattato di Lisbona, prendeva corpo il ruolo ancillare della Commissione rispetto al Consiglio europeo e al Consiglio Ue, non era così scontato replicare stesse modalità di rapporto con una organizzazione intergovernativa extra Ue quale il MES. A tal fine, entra in ballo il Consiglio Ue che qualche mese prima della costituzione formale del MES, autorizza le future parti contraenti del Trattato istitutivo, cioè i Governi dell’Eurozona, a chiedere alla Commissione Europea (e alla BCE) di svolgere i compiti che il futuro Trattato prevederà.

Ed è così che nello stesso Trattato troviamo che il Presidente del Consiglio dei Governatori “assegna” alla Commissione, di concerto con la BCE, i “compiti” di verificare se lo Stato richiedente ponga eventuali rischi per la stabilità finanziaria della Zona Euro, e di valutarne la sostenibilità del debito pubblico nonché le esigenze finanziarie. Mentre il Consiglio dei Governatori conferisce alla Commissione il “mandato” di negoziare con lo Stato richiedente – di concerto con la BCE e, laddove possibile, con il FMI – le condizioni di politica economica associata all’assistenza finanziaria. E, sempre secondo il Trattato MES, è la Commissione che, “in nome e per conto” del MES, firma il relativo Protocollo d’intesa. Infine, codificando l’intervento dellaTroika, lo stesso Trattato afferma: “La Commissione europea – di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme al FMI – ha il compito di monitorare il rispetto delle condizioni cui è subordinato il dispositivo di assistenza finanziaria”.

Tutto ciò è quanto previsto nel Trattato vigente ed è stato applicato negli interventi finora effettuati. Se la si considera solo da un punto di vista giuridico-formale, quella tra MES e Commissione è indubbiamente una relazione di dipendenza funzionale. Ma se si tiene conto del merito dei “compiti” che le sono stati assegnati, dei gradi di autonomia con cui essa ha pesato in valutazioni e decisioni che, in alcuni casi, hanno determinato conseguenze economiche e sociali rovinose, la Commissione europea non può ritenersi indenne dalla responsabilità di aver contribuito a scrivere una delle più brutte pagine della storia dell’integrazione europea. E questo a fronte di un’opinione pubblica che, in modo sbrigativo, questa responsabilità l’ha sempre addossata al MES.

A questa indubbia corresponsabilità della Commissione su un piano fattuale, va aggiunta, a partire dal 2013, anche quella giuridica introdotta con il cosiddetto Two Pack33, in particolare dal Regolamento sulla sorveglianza rafforzata34 che, per quanto riguarda gli Stati membri assistiti dal MES, attribuisce alla Commissione gli stessi compiti di valutazione, negoziazione e sottoscrizione dei Protocolli d’intesa e monitoraggio, già previsti dal Trattato istitutivo del MES. In questo modo, la Commissione europea diventa, anche giuridicamente, la prima responsabile della definizione e applicazione dei criteri di condizionalità.

Probabilmente, è proprio per ridurre i margini di autonomia della Commissione e per definirne meglio le responsabilità, che la riforma del MES ha introdotto significative modifiche. I compiti di valutazione ex ante (rischi finanziari, sostenibilità del debito ed esigenze di finanziamento, a cui si aggiunge anche la capacità di rimborso dello Stato) non sono più “assegnati” solo alla Commissione (di concerto con la BCE), ma anche al Direttore Generale del MES35. Allo stesso modo, sarà il Direttore Generale, insieme alla Commissione (di concerto con la BCE) e ove possibile anche con il FMI, a negoziare i termini di condizionalità all’interno del Protocollo d’intesa, che sarà firmato non più solo dalla Commissione ma “La Commissione europea e il direttore generale firmano il protocollo d’intesa in nome e per conto del MES”. Così come sarà il Direttore Generale insieme alla Commissione europea – di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme al FMI – ad avere il compito di monitorare il rispetto dei termini di condizionalità. Insomma, ci saremo liberati della Troika, ma al suo posto avremo un eccezionale Quartet.

Da parte del MES, quindi, una vera e propria appropriazione di spazi di potere, e di contenimento del ruolo della Commissione nonché della BCE e del FMI. Basta leggere questa aggiunta al preambolo: “È dato atto che le funzioni affidate alla Commissione europea e alla BCE nell’ambito del presente trattato non implicano alcun potere decisionale proprio e che i compiti svolti da queste due istituzioni nell’ambito del presente trattato impegnano il solo MES.” Naturalmente, tutto ciò per tutelare meglio l’interesse dei creditori, ma non v’e dubbio che questo rappresenti uno dei fattori di cambiamento che fanno ritenere che il MES riformato sia peggiore di quello precedente.

Tornando al Two Pack e al Regolamento sulla sorveglianza, va sottolineato come esso contribuisca a relativizzare la collocazione del MES al di fuori dell’Unione come unica responsabile della sua ademocraticità. Si tratta, infatti, della prima operazione di riconduzione nel quadro giuridico dell’Unione di una delle attività di governance economica esternalizzate. Riconduzione certamente parziale perché riguarda le attività e non incide sul profilo istituzionale del MES, ma comunque significativa perché attuata con uno strumento legislativo, la cui base giuridica prevede la codecisione con il Parlamento europeo.

Il Fondo Monetario Europeo: un tentativo non riuscito

Le considerazioni, sin qui svolte, sulla “extraterritorialità” sui generis del MES, che la configurano come una forma di intergovernativismo perverso, non sarebbero complete se non si menzionasse anche il tentativo, messo in atto tra il 2017 e il 2018, di far rientrare le funzioni del MES all’interno dell’Unione, trasformandolo in Fondo Monetario Europeo (FME). Una vicenda che sembra completamente dimenticata nell’attuale dibattito sul MES. L’idea di integrare il MES nel diritto dell’UE era già presente nella cosiddetta “Relazione dei Cinque Presidenti” del 201536. La questione viene riproposta dalla Commissione Europea nel “Documento di riflessione sull’approfondimento dell’Unione Economica e Monetaria” del 31 maggio 201737. La Commissione, che aveva mal sopportato le decisioni del Consiglio Europeo sugli strumenti di governance economica creati al di fuori del quadro giuridico dell’Unione, aveva trovato un certo ascolto nel Presidente francese e nella Cancelliera tedesca. La Proposta di Regolamento, del 6 dicembre 2017, sull’istituzione del FME38, rappresenta un compromesso tra le posizioni francese, tedesca e della Commissione. Tra le motivazioni della Proposta, quella a cui la Commissione dava maggiore risalto era la “responsabilità democratica”: ricondurre il MES all’interno dell’Unione al fine di permettere il controllo democratico del Parlamento Europeo e dei Parlamenti nazionali. La Proposta prevedeva di assegnare al FME, oltre alle funzioni fino ad allora svolte dal MES, anche quella di paracadute del Fondo di Risoluzione Unico, lo stesso backstop, previsto nell’attuale riforma del MES.

All’inizio sembrava che ci fosse una certa convergenza sulla Proposta della Commissione, tant’è che nel Vertice Euro in formato inclusivo (Capi di Stato o di Governo di tutti i 27 Stati Membri), del 15 dicembre 2017, si era discusso di una eventuale conversione del MES nel FME39. Nei primi mesi del 2018, però, si sviluppa l’offensiva degli Stati Membri del Nord, capeggiata dai Paesi Bassi, contro le proposte franco-tedesche e della Commissione sul futuro dell’Unione Economica e Monetaria. Nel documento fondativo della cosiddetta “Nuova Lega Anseatica”, del febbraio 2018, i Ministri delle Finanze di Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi e Svezia, pur esprimendosi favorevolmente per una evoluzione del MES in Fondo Monetario Europeo, respingono l’idea della sua integrazione nel diritto dell’Ue: “Il processo decisionale deve rimanere saldamente nelle mani degli Stati Membri”40.

Qualche mese dopo arriva la retromarcia di Meseberg. Nel Castello barocco di Meseberg (Brandeburgo), il 19 giugno 2018, la Cancelliera Merkel e il Presidente Macron sottoscrivono la Dichiarazione comune dal titolo altisonante “Rinnovare le promesse di sicurezza e prosperità dell’Europa”41. Nella Dichiarazione ci si sofferma a lungo sul MES con proposte volte ad aumentarne l’efficacia e, soprattutto, a estenderne i compiti, segnatamente per quanto riguarda il famoso backstop. In linea con l’approccio tedesco secondo cui prima bisogna ridurre i rischi e poi si può pensare di condividerli – a proposito del problema centrale della proposta della Commissione, cioè il rientro del MES nell’Unione, ecco cosa si dice: “Come primo passo, dobbiamo modificare il Trattato intergovernativo del MES (…) E in una seconda fase possiamo quindi garantire l’integrazione del Mes nella legislazione europea, preservando le caratteristiche chiave della sua governance.”42 Una impostazione che, come si è visto, mantiene ancora oggi tutta la sua attualità. Ma, soprattutto, una pietra tombale sulla Proposta della Commissione. Infatti, tutte le riunioni intergovernative che nel 2018 si susseguirono, dopo la Dichiarazione franco-tedesca – a cominciare dal Vertice Euro di qualche giorno dopo Meseberg, che ha accolto “con favore i contributi nazionali, compreso quello presentato da Francia e Germania”43, fino al Vertice Euro del 14 dicembre44– procedettero, a spron battuto, nella messa a punto della riforma del MES.

La Commissione, già in novembre, visto sfumare il progetto FME, stabilì una “Posizione comune per una futura cooperazione tra Commissione Europea e MES”45, “convenendo” (in realtà accettando) modalità di “cooperazione” che sono sostanzialmente le stesse di quelle poi inserite nell’Accordo di riforma del MES.

Le responsabilità del Parlamento Europeo

Il primo coinvolgimento del Parlamento Europeo nella vicenda del MES riguarda il suo concepimento. La modifica dell’art. 136 del TFEU ha, infatti, richiesto anche il parere preventivo del Parlamento Europeo. Il parere, reso con la Risoluzione del 23 marzo 201146, non rappresenta certamente una delle pagine più gloriose della storia del Parlamento Europeo. La Commissione Affari Costituzionali aveva approvato una proposta di Risoluzione47 molto critica nei confronti della proposta di modifica dell’art. 36 avanzata dal Consiglio europeo, che si esprimeva anche sul costituendo MES, respingendo ogni ipotesi “extraterritoriale”, stigmatizzando l’esclusione del ruolo Parlamento e l’insufficienza di quello della Commissione, proponendo, quindi, soluzioni alternative. Questa impostazione era stata condivisa dalla maggioranza degli interventi nel dibattito in Plenaria del 9 marzo 201148. Ma nei 13 giorni che separarono la data della discussione da quella della votazione, le pressioni del Consiglio furono tali da indurre il Presidente della Commissione Affari Costituzionali, Carlo Casini, e i due correlatori, Elmar Brok e Roberto Gualtieri, a presentare, il giorno prima della votazione, una serie di emendamenti49 alla loro stessa proposta, tali da ribaltarne completamente i contenuti essenziali; e ciò sulla base di rassicurazioni, contenute in una lettera del Presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rumpuy, ai due correlatori, e per questo allegata alla Risoluzione. Il Parlamento approvò a grande maggioranza la Risoluzione così emendata che accettava la modifica dell’art. 136.

Un’altra occasione di coinvolgimento fu l’adozione del Two Pack. La tormentata vicenda del suo processo legislativo50 è stata una dimostrazione dell’incapacità/nonvolontà/impossibilità del Parlamento di sfuggire alla corresponsabilità nell’instaurazione delle politiche di austerità. A fronte di una Proposta di Regolamento51 presentata dalla Commissione e condivisa immediatamente dal Consiglio – cosa che non stupisce perché da tempo la Commissione non fa proposte senza sincerarsi preventivamente del consenso del Consiglio – il Parlamento aveva fatto una serie di emendamenti52, anche significativi, che riguardavano soprattutto la trasparenza, i diritti sociali e il ruolo dei partner sociali, ma che non mettevano in discussione il carattere del Regolamento come strumento coercitivo al servizio dell’austerità dominante.

L’insolita lunghezza della durata del negoziato con il Consiglio – condotto in parallelo sui due Regolamenti del Two Pack, nell’informalità dell’opaco strumento del Trilogo53 (Consiglio, Parlamento, Commissione) – non fu dovuta agli emendamenti relativi al Regolamento sulla sorveglianza, che furono sostanzialmente accettati, ma al braccio di ferro sull’emendamento del Parlamento che introduceva gli eurobond nell’altro Regolamento del Two Pack, quello relativo al controllo dei conti pubblici e alla correzione dei disavanzi eccessivi. Un confronto che, anche per le pesanti pressioni dei Governi, si risolse con la sconfitta del Parlamento. Il compromesso raggiunto in sede di Trilogo fu così adottato dal Parlamento, con la Risoluzione del 12 marzo 201254, approvata a maggioranza (con molti mal di pancia da parte dei socialisti), con i voti contrari della sinistra del Gruppo GUE e l’astensione dei conservatori.

Ci fu, poi, la proposta del FMI; la fine ingloriosa del progetto, non segnò solo la sconfitta della Commissione, ma tagliò l’erba sotto i piedi al Parlamento Europeo. Infatti, il voltafaccia di Meseberg prese in contropiede il Parlamento impedendogli di far sentire la propria voce nel processo decisionale. Infatti, poiché la base giuridica della Proposta di Regolamento era quella dell’art. 352 del TFUE – che, peraltro, richiede l’approvazione unanime del Consiglio –, il Parlamento doveva seguire la “procedura di approvazione”. Contrariamente alla “procedura ordinaria” che prevede un percorso parallelo di codecisione, quella di “approvazione” permette al Parlamento di esprimersi solo alla fine, con una approvazione o con un veto, sul testo licenziato dal Consiglio. L’evaporazione della Proposta, con la non decisione da parte del Consiglio, esautorava, quindi, il Parlamento rispetto a una prerogativa che il TFUE gli riconosceva.

Ciononostante, il Parlamento decise di concludere con una propria Risoluzione i lavori che le Commissioni parlamentari avevano iniziato già dagli inizi di luglio 2018. Si arrivò così a una Relazione interlocutoria delle Commissioni congiunte Bilanci e Problemi Economici e Monetari, con una Proposta di Risoluzione che fu poi approvata dal Parlamento in seduta plenaria il 14 marzo 201955. Una Risoluzione senza alcuna possibilità di ricaduta, dal significato unicamente politico, una sorta di messaggio alla memoria, a partire dal mantenimento nel titolo del riferimento a una Proposta della Commissione ormai defunta.

Si trattò, però, di un messaggio ambiguo perché metteva insieme, da un lato, l’accoglienza favorevole alla Proposta della Commissione e la richiesta di far rientrare il MES nel quadro giuridico dell’UE, dall’altro, entrava nel merito dei contenuti della riforma del MES già definiti dall’Eurogruppo, peraltro con osservazioni e proposte tutt’altro che radicali. Il Parlamento faceva così la stessa scelta “realistica” della Commissione. L’equivocità della posizione del Parlamento e lo stesso ruolo che la Proposta della Commissione attribuiva al FMI erano stati fortemente criticati dai Gruppi politici dei Verdi e della sinistra del GUE, che avevano anche presentato emendamenti che avrebbero potuto concretamente far inceppare l’ingranaggio dell’ademocrazia del MES. Naturalmente, gli emendamenti furono bocciati e la Risoluzione fu adottata con i soli voti di Popolari, Socialisti e Liberali.

Il deficit democratico

I tre esempi, qui menzionati, in cui il Parlamento Europeo ha incrociato la vicenda del MES, possono essere utili non solo per un giudizio più articolato sulle loro implicazioni sul terreno della sovranità democratica, ma anche per una riflessione più ampia sul “deficit democratico” dell’integrazione europea, di cui si parla da circa mezzo secolo. La sua identificazione con la limitatezza dei poteri del Parlamento Europeo non regge più dopo il Trattato di Lisbona. Certo, ci sono materie importanti, come a politica estera e la difesa in cui il Parlamento ha solo un ruolo consultivo, di orientamento o di stimolo; ma, ormai, oltre il 70% degli atti legislativi dell’Unione sono adottati in codecisione tra Parlamento e Consiglio. Né, come si è visto, si può sostenere che il Parlamento sia totalmente escluso dalle decisioni relative alla Zona Euro.

Se di “deficit democratico” si deve parlare per quanto riguarda il Parlamento europeo, occorre ampliare l’orizzonte e cercarlo in altri fattori. In primo luogo, la disparità del peso politico rispetto al Consiglio UE e, soprattutto, al Consiglio Europeo, dovuto all’asimmetria istituzionale di un’entità sempre più intergovernativa come è ormai l’Unione Europea, basti pensare al ruolo ormai determinante del COREPER – il Comitato dei Rappresentanti Permanenti, cioè gli Ambasciatori Capi delle Delegazioni degli Stati Membri presso l’Ue – e della cosiddetta “Comitologia”56. Ma anche al prevalere, all’interno stesso dell’UE, di elementi di indeterminatezza, informalità e opacità dei processi decisionali, che vengono risolti in base ai rapporti di forza, come nel caso dei Triloghi che da strumenti di facilitazione della codecisione declinano sempre più verso il consociativismo.

Tutto ciò ha portato a una progressiva perdita di credibilità del Parlamento cui non sono estranei importanti fattori soggettivi a cominciare dal distacco dalla realtà e dai bisogni dei cittadini fino alla conseguente incapacità di guardare in grande sui destini dell’Europa. Il recente scandalo del Qatargate è anche un prodotto di questa involuzione elitistica. Comunque, l’elemento soggettivo principale di debolezza del Parlamento europeo è quello di non essere ancora riuscito a superare la logica nazionale. La recente Dichiarazione congiunta franco-tedesca57, si esprime per la creazione di una circoscrizione elettorale unica a livello dell’Unione con liste transnazionali. Di certo, votare con delle liste transnazionali sarebbe un importante passo avanti. Ma esse di per sé non potrebbero mettere al riparo dalla logica nazionale che potrebbe ricomparire nel Parlamento europeo l’indomani delle elezioni. L’unica garanzia che questa innovazione non si riduca a una semplice operazione di cosmesi europeistica è l’esistenza di veri partiti europei, qualcosa di ben diverso dagli attuali simulacri. Purtroppo, la consapevolezza dell’importanza della dimensione europea, ormai diffusa nella società, ancorché in modo lento e insufficiente, non trova nella politica delle risposte adeguate, soprattutto per la mancanza di visione, il che relega l’Europa nelle declamazioni dei documenti e nelle beghe quotidiane con l’Unione Europea.

Le considerazioni qui fatte sul MES richiedono di allargare l’analisi sul deficit democratico ben oltre il ruolo del Parlamento europeo. Il carattere autoritario, accentratore, spesso oppressivo, non è una prerogativa esclusiva del MES. Con diverse gradazioni, lo si trova nella panoplia degli strumenti messi in atto dalla governance economica; dal Two Pack (come si è visto), al Six Pack, dal Fiscal Compact al Semestre europeo fino al Patto di stabilità, le cui recenti proposte di riforma non promettono nulla di buono in quanto al ruolo accentratore della Commissione. Ma non è solo questo eclatante aspetto antidemocratico degli strumenti della governance economica a dover essere messo in discussione. È l’espansione della governance in quanto tale – non solo nella sfuggevolezza degli strumenti ma nel crescente ricorso all’informalità delle decisioni – che ha eroso una già limitata base democratica. Non è azzardato affermare che la governance ha cambiato la costituzione materiale dell’Unione europea.

Ma se, a proposito della democrazia, una lezione possiamo trarre dalla vicenda del MES, è che non ci si possa fermare alla natura antidemocratica dei suoi interventi né alla sua natura istituzionale di organismo esterno all’UE, quando le responsabilità vere sono all’interno dell’Unione. È il cuore malato dell’Unione che ha causato il bubbone della governance, e questo cuore malato si chiama intergovernativismo.

 

*Articolo riproposto online originariamente sul sito del Centro per la Riforma dello Stato.

Note

1 MES, Accordo recante modifica del Trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità. https://www.esm.europa.eu/sites/default/files/migration_files/esm-treaty-amending-agreement-21_it.pdf MES, Trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità (Trattato vigente). https://www.esm.europa.eu/sites/default/files/migration_files/20150203_-_esm_treaty_-_it.pdf

2 Atti parlamentari – Camera dei Deputati, Resoconto stenografico della Seduta di martedì 29 novembre 2022. Pagg. 55-81. https://documenti.camera.it/leg19/resoconti/assemblea/html/sed0015/stenografico.pdf

3 Atti parlamentari – Camera dei Deputati, Resoconto stenografico della Seduta di mercoledì 30 novembre 2022. Pagg. 68-85. Votazioni: II e VIII-XVII https://documenti.camera.it/leg19/resoconti/assemblea/html/sed0016/stenografico.pdf

4 Atti parlamentari – Camera dei Deputati, Documenti esaminati nel Corso della seduta del 30 novembre 2022. Pagg. 49-57. https://documenti.camera.it/leg19/resoconti/assemblea/html/sed0016/leg.19.sed0016.allegato_a.pdf

5 Term sheet on the European Stability Mechanism reform4 December 2018. https://www.consilium.europa.eu/media/37267/esm-term-sheet-041218_final_clean.pdf

6 Sul MES sanitario e sulla presunta assenza di condizionalità, si veda: Fiammetta Salmoni, L’insostenibile “leggerezza” del Meccanismo europeo di stabilità. La democrazia alla prova dell’emergenza pandemica, in federalismi.it, n. 20, 2020

https://www.federalismi.it/ApplOpenFilePDF.cfm?artid=43700&dpath=document&dfile=24062020154934.pdf&content=L%27insostenibile%2B%27leggerezza%27%2Bdel%2BMeccanismo%2Beuropeo%2Bdi%2Bstabilità%2E%2BLa%2Bdemocrazia%2Balla%2Bprova%2Bdell%27emergenza%2Bpandemica%2B%2D%2Bstato%2B%2D%2Bdottrina%2B%2D%2B

7 Lucas Guttenberg, Time to come home. If the ESM is to stay relevant, it should be reinvented inside the EU. Policy brief, Hertie School Jacques Delors Centre – Bertelsmann Siftung, 12 November 2020 https://www.delorscentre.eu/fileadmin/2_Research/1_About_our_research/2_Research_centres/6_Jacques_Delors_Centre/Publications/20201112_ESM-Guttenberg.pdf

8 CER, Il funzionamento del Meccanismo europeo di stabilità (MES) e le sue prospettive di riforma (testo della relazione presentata all’Audizione del 20 novembre 2019). https://www.centroeuroparicerche.it/wp-content/uploads/2019/11/20191120AudizioneCER20191120_new.pdf Camera dei Deputati, Video dell’audizione: https://webtv.camera.it/evento/15445

9 Francesco Giavazzi, Fondo salva Stati: un’idea sul debito europeo. Corriere della sera, 4 gennaio 2023. https://www.corriere.it/opinioni/23_gennaio_04/fondo-salva-stati-un-idea-debito-europeo-bc1970c6-8c63-11ed-b9c4-b1738d94d7f5.shtml?refresh_ce

10 AA.VV. L’unica riforma necessaria per il Mes, in MicroMega, 20 dicembre 2022. https://www.micromega.net/lunica-riforma-necessaria-per-il-mes/

11 L’appello di 32 economisti: “No all’Esm se non cambia la logica europea”, MicroMega, 4 Dicembre 2019. https://archivio.micromega.net/appello-di-32-economisti-no-all-esm-se-non-cambia-la-logica-europea/

Vedere anche: I 32 economisti dell’appello sul Mes: “Lontani da Salvini, ma servono alternative”, MicroMega, 12 Dicembre 2019

https://archivio.micromega.net/appello-di-32-economisti-no-all-esm-se-non-cambia-la-logica-europea/

12 Jasper Aerts & Pedro Bizarro, The reform of the European Stability Mechanism, Capital Markets Law Journal, Volume 15, Issue 2, April 2020, Pages 159–174. https://doi.org/10.1093/cmlj/kmaa001

13 Da non confondere con l’EDA che già esiste: l’Agenzia Europea per la Difesa, creata nel 2004.

14 Francesco Giavazzi, Charles-Henri Weymuller et al. Revising the European Fiscal Framework, December 23. 2021. https://cpb-us-w2.wpmucdn.com/voices.uchicago.edu/dist/6/2265/files/2019/04/Reform_SGP-final-draft.pdf

15 Mario Draghi and Emmanuel Macron, The EU’s fiscal rules must be reformed, Financial Times, 23 December 2021 https://www.ft.com/content/ecbdd1ad-fcb0-4908-a29a-5a3e14185966

16 Stefano Micossi, On the selling of sovereigns held by the ESCB to the ESM. A revised proposal, CEPS Policy Insights. No 2021-17 / November 2021. (ESCB/SEBC: Sistema Europeo di Banche Centrali). https://www.ceps.eu/wp-content/uploads/2021/11/PI2021-17_On-selling-sovereigns-held-by-the-ESCB-to-the-ESM_revised-proposal.pdf

17 Cfr. Massimo Amato, Perché serve un’Agenzia europea del debito, Lavoce.info, 15/06/2022. https://www.lavoce.info/archives/author/massimo-amato/

Massimo Amato, Everardo Belloni, Carlo Favero, Lucio Gobbi e Francesco Saraceno, L’opportunità di una Agenzia europea del debito, Lavoce.info, 25/04/2022. https://www.lavoce.info/archives/94592/lopportunita-di-una-agenzia-europea-del-debito%EF%BF%BC/

Massimo Amato, Carlo Favero e Francesco Saraceno, Debito dell’Eurozona: collaborare senza mutualizzare è possibile, Lavoce.info, 04/02/2022. https://www.lavoce.info/archives/92980/debito-pubblico-delleurozona-collaborare-senza-mutualizzare-e-possibile/

Massimo Amato & Francesco Saraceno, Squaring the Circle: How to Guarantee Fiscal Space and Debt Sustainability with a European Debt Agency, Bocconi, Working Paper N.172, January 2022. https://repec.unibocconi.it/baffic/baf/papers/cbafwp22172.pdf

18 Mario Monti, Le parole e I fatti, Rizzoli, Milano, 2012, pag. 31

19 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM:european_stability_mechanism

20 Statement on the support to Greece by Euro area Members State, 11 April 2010

https://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ec/113686.pdf

21 Statement of the Heads of State or Government of The Euro Area, 7 May 2010

https://www.consilium.europa.eu/media/21430/20100507-statement-of-the-heads-of-state-or-government-of-the-euro-area-en.pdf

IMF Survey, Europe and IMF Agree €110 Billion Financing Plan With Greece

https://www.imf.org/en/News/Articles/2015/09/28/04/53/socar050210a

22 European Commission, Directorate General for Economic and Financial Affairs, The Economic Adjustement Programme for Greece, European Economy, Occasional Paper 61, May 2010 https://ec.europa.eu/economy_finance/publications/occasional_paper/2010/pdf/ocp61_en.pdf

23 Cfr. Jean Pisani-Ferry, André Sapir, Guntram B. Wolf, Eu-IMF assistance to euro-area countries: an early assessment, Bruegel, Blueprint 19, Bruxelles, 2013

https://www.bruegel.org/sites/default/files/wp-content/uploads/imported/publications/1869_Blueprint_XIX_-_web__.pdf https://www.bruegel.org/sites/default/files/wp-content/. _-_web__.pdf

24 Decisione del Consiglio Europeo del 25 Marzo 2011 che modifica l’articolo 136 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l’euro

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32011D0199&from=IT

25 MES, Accordo recante modifica del Trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità. Cit. Allegato III, par. 2

26 “Se necessario per prepararsi internamente a poter svolgere adeguatamente e con tempestività̀ i compiti attribuitigli dal presente trattato, il MES può seguire e valutare la situazione macroeconomica e finanziaria dei suoi membri, compresa la sostenibilità del debito pubblico, e analizzare le informazioni e i dati pertinenti. A tal fine il direttore generale collabora con la Commissione europea e la BCE per assicurare totale coerenza con il quadro di coordinamento delle politiche economiche stabilito dal TFUE” ivi, art. 3

27 Ivi, considerando 11 ter

28 Task force istituita dal Consiglio Europeo del marzo 2010, Relazione finale, par. da 48 a 50. https://www.consilium.europa.eu/media/27394/117432.pdf

29 L’art.15 del Trattato sull’Unione europea così recita: “Il Consiglio europeo dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative.” https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:2bf140bf-a3f8-4ab2-b506-fd71826e6da6.0017.02/DOC_1&format=PDF

30 Consiglio Europeo del 28-29 ottobre 2010, Conclusioni, in Il Consiglio Europeo nel 2010, pag. 40 https://www.consilium.europa.eu/media/21358/qc3010507itc.pdf

31 Consiglio Europeo del 24-25 marzo 2011, Conclusioni, in Il Consiglio Europeo nel 2011, pag. 39 e pagg.da 43 a 49 https://www.consilium.europa.eu/media/21336/qcao11001itc.pdf

32 Conclusioni dei Capi di Stato o di Governo della Zona Euro dell’11 marzo 2011, Allegato II: Caratteristiche generali del futuro meccanismo. Dichiarazione dell’Eurogruppo del 28 novembre 2010.

https://www.consilium.europa.eu/media/21412/20110311-conclusions-of-the-heads-of-state-or-government-of-the-euro-area-of-11-march-2011-it.pdf

33 Commissione Europea, Entra in vigore il “two-pack”: completato il ciclo di sorveglianza di bilancio e migliorata ulteriormente la governance economica per la zona euro, Scheda informativa, 27 maggio 201

https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/MEMO_13_457

34 Regolamento (UE) N. 472/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria.

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013R0472&from=IT

35 A questo proposito, nel nuovo preambolo si afferma che: “Qualora la collaborazione non conduca a una visione comune, la Commissione europea effettuerà la valutazione complessiva della sostenibilità del debito pubblico, mentre il MES valuterà la capacità di rimborso del proprio membro nei suoi confronti.” MES, Accordo, cit.

36 https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_15_5240

37 Commissione Europea, Documento di riflessione sull’approfondimento dell’Unione Economica e Monetaria, COM(2017) 291 final. Pagg. 32 e 34. https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:7a4a43ec-46bd-11e7-aea8-01aa75ed71a1.0019.02/DOC_1&format=PDF

38 Commissione Europea, Proposta di Regolamento del Consiglio sull’istituzione del Fondo monetario europeo. 6.11.2017, COM(2017) 827 final. https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:050797ec-db5b-11e7-a506-01aa75ed71a1.0023.02/DOC_1&format=PDF

Allegato della Proposta di Regolamento, Statuto del Fondo Monetario Europeohttps://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:050797ec-db5b-11e7-a506-01aa75ed71a1.0023.02/DOC_2&format=PDF

39 https://www.consilium.europa.eu/it/meetings/euro-summit/2017/12/15/

40 Finance ministers from Denmark, Estonia, Finland, Ireland, Latvia, Lithuania, the Netherlands and Sweden underline their shared views and values in the discussion on the architecture of the EMU. https://www.gov.ie/pdf/?file=https://assets.gov.ie/6172/310119131616-11d8b2b137664a8c8eae96de83f46dd1.pdf#page=null

41 Déclaration de Meseberg – Renouveler les promesses de l’Europe en matière de sécurité et de prospérité

https://www.elysee.fr/emmanuel-macron/2018/06/19/declaration-de-meseberg-renouveler-les-promesses-de-l-europe-en-matiere-de-securite-et-de-prosperite

Meseberg Declaration– Renewing Europe’s promises of security and prosperity https://www.elysee.fr/en/emmanuel-macron/2018/06/19/meseberg-declaration-renewing-europes-promises-of-security-and-prosperity

42 Ecco il patto tra Merkel e Macron, Dichiarazione di Meseberg, traduzione in italiano, Il Foglio, quotidiano, 20 giugno 2018. https://www.ilfoglio.it/esteri/2018/06/20/news/patto-francia-germania-dichiarazione-meseberg-completa-tradotta-merkel-macron-201482/

43 Vertice euro del 29 giugno 2018, Dichiarazionehttps://www.consilium.europa.eu/media/36031/29-euro-summit-statement-it.pdf

44 Vertice euro del 14 dicembre 2018, Dichiarazionehttps://www.consilium.europa.eu/media/37603/14-eurosummit-statement-it.pdf

45 ESM, Future cooperation between the European Commission and the European Stability Mechanism, 14 November 2018 https://www.consilium.europa.eu/media/37324/20181203-eg-1b-20181115-esm-ec-cooperation.pdf

46 Risoluzione del Parlamento europeo del 23 marzo 2011 sul progetto di decisione del Consiglio europeo che modifica l’articolo 136 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l’eurohttps://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-7-2011-0103_IT.pdf

47Parlamento Europeo, RELAZIONE sul progetto di decisione del Consiglio europeo che modifica l’articolo 136 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l’eurohttps://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-7-2011-0052_IT.html

48 https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/CRE-7-2011-03-09-ITM-007_IT.html

49 https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-7-2011-0052-AM-037-040_IT.pdf

50 cfr. Sergio De la Parra, The two pack on economic governance. Background analysis 2013.03, European Trade Union Institute https://www.etui.org/sites/default/files/13%20Background%20analys%202013%2003%20De%20la%20Parra%20Web%20version.pdf

51 Commissione Europea, Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria nella zona euro. 23.11.2011, COM(2011) 819 definitivo

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52011PC0819&from=IT

52 https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-7-2012-0242_IT.pdf

53 Sulla genesi e il ruolo dei Triloghi cfr. Andrea Amato, Sovranità e democrazia nell’Unione Europea, CRS, 22 Dicembre 2022. https://centroriformastato.it/sovranita-e-democrazia-nellunione-europea/

54 Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 12 marzo 2013 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria nella zona euro

https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-7-2013-0069_IT.pdf

55 Risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2019 sulla proposta di regolamento del Consiglio sull’istituzione del Fondo monetario europeohttps://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2019-0218_IT.pdf

56 Cfr. Andrea Amato, cit

57 Déclaration conjointe – Conseil des ministres franco-allemand, 22 janvier 2023. https://www.elysee.fr/emmanuel-macron/2023/01/22/declaration-conjointe-conseil-des-ministres-franco-allemand French-German declaration, 22 January 2023. https://www.elysee.fr/en/emmanuel-macron/2023/01/22/french-german-declaration