Coronavirus, la Gran Bretagna può diventare una bomba umana?

Nel Regno Unito “è molto più probabile che al momento abbiamo tra le 5.000 e le 10.000 persone contagiate”. 

Ad affermarlo non è un complottista o uno speculatore catastrofista, bensì Sir Patrick Vallance, il consigliere capo scientifico dell’attuale governo britannico. Vallance ha inoltre aggiunto: “Attualmente siamo su una traiettoria che sembra circa quattro settimane dietro l’Italia e alcuni altri Paesi in Europa”.

di Adriano Manna

Il governo di Boris Johnson, che ufficialmente ha trasmesso all’Oms numeri di contagi decisamente bassi (ufficialmente ad oggi 13/03/2020 risultano in tutto il Regno Unito appena 594 casi di contagi accertati) fino a questo momento ha deciso di utilizzare strategie “morbide” di contenimento, mettendo addirittura in discussione la validità scientifica di provvedimenti draconiani adottati da altri paesi, in primis l’Italia: “I politici e i governi nel mondo sono molto sotto pressione perché si chiede loro di agire, così a volte fanno cose che non sono necessariamente dettate dalla scienza”, ha spiegato il premier britannico durante un incontro a Downing Street con Jenny Harries, numero due della Sanità del Regno Unito.

Attualmente in Uk è previsto solamente l’auto-isolamento fiduciario per una settimana per chiunque abbia la febbre alta o tosse, mentre è stata confermata l’apertura delle scuole e la possibilità di tenere grandi eventi pubblici (ma la Premier league di calcio ha appena deciso autonomamente per la sospensione precauzionale di tutte le partite di campionato).

Del resto era la stessa Harries, pochi giorni fa, a sottolineare come a suo parere la ricerca scientifica non abbia dimostrato la necessità di proibire gli eventi pubblici: “In generale, questo tipo di eventi e grandi raduni non sono un qualcosa che avrà grandi effetti, per cui non vogliamo mettere a soqquadro la vita delle persone”.

Eppure cominciano ad alzarsi voci discordanti, che paventano il rischio di un vero e proprio disastro sanitario per il paese appena uscito dalla controversa gestione della Brexit: “Siamo in ritardo di un mese. Il governo ha un atteggiamento compiaciuto nei confronti del Coronavirus, avrebbe dovuto prendere provvedimenti molto tempo fa», afferma John Ashton, ex direttore del Public Health England, l’agenzia esecutiva del Dipartimento della Sanità nel Regno Unito che ha descritto con toni allarmistici, rilanciati dalla rivista scientifica Lancet, il protocollo di scarsa sicurezza che sta seguendo il Paese. «Se il virus si diffonde non ci saranno abbastanza letti», ha poi aggiunto. Il governo ha stanziato 12 miliardi di sterline per l’emergenza, ma non ha imposto misure di sicurezza per vietare gli assembramenti.

A rendere ancor più inquietante il grido di allarme dell’ex direttore del Public Health England è la condizione assai precaria del sistema sanitario britannico, che secondo l’ultima classifica Bloomberg Health Care Efficiency si collocherebbe appena al 35° posto tra i 56 paesi presi in esame, ben distante dalla top ten europea.