“Se attira 100.000 persone, è un fallimento; se ne attira 300.000, è un successo”. La dichiarazione è stata firmata dal noto editorialista Alain Duhamel venerdì scorso.
Fonte: L’Insoumission
Tre giorni dopo, un comunicato della Prefettura di Polizia ha dato il verdetto finale: 105.000 persone si sono riunite domenica a Parigi e 182.000 a livello nazionale. Cinque giorni prima, un comunicato confuso firmato dai presidenti delle due assemblee, Yaël Braun-Pivet e Gérard Larcher, aveva indetto una “marcia contro l’antisemitismo e la Repubblica”. Presumibilmente “apolitica” per simulare unità e neutralità, si è rivelata l’esatto contrario: divisa e di parte, proprio come l’appello iniziale.
Una marcia “contro l’antisemitismo”, ma che ha nascosto il primo di questi, quello dell’estrema destra, con Yaël Braun-Pivet che si è spinto ad accogliere la presenza di “tutti”. È stata anche una marcia “per il rilascio degli ostaggi”, ignorando la pulizia etnica a Gaza e l’urgente necessità di un cessate il fuoco per porvi fine. Una marcia che voleva essere “un baluardo contro l’islamismo”, lanciando una nuova accusa contro i cittadini di fede musulmana, associandoli ad atti antisemiti, e questo dopo settimane di insulti sulle piattaforme, che sono continuati sotto forma di slogan e attacchi domenica.
Al termine della manifestazione, la presidente dell’Assemblea nazionale francese ha espresso la sua soddisfazione per il quadro dipinto dall’evento. “Abbiamo mostrato la più bella immagine della Francia”, ha detto, ringraziando “tutte le persone che sono con noi oggi e che hanno risposto con estrema rapidità a questo appello”. Chi sono queste “persone”? Qual è l’elenco dei presenti e degli assenti? Appena lanciato l’appello, il Rassemblement National e la Reconquête hanno colto al volo l’occasione: “Ci saremo”, hanno dichiarato all’unisono. E in effetti questi piccoli Goebbels hanno infestato tutte le marce. Poche ore prima di partecipare, Marine Le Pen e Jordan Bardella continuavano ad affermare che “Jean-Marie Le Pen non è antisemita”, nonostante le sue numerose condanne in merito.
Poche ore dopo, alla marcia di Nizza, il neonazista Phillipe Vardon era in tutte le foto del cosiddetto “arco repubblicano”. L’uomo che qualche anno fa cantava “Nous sommes la zylkon Army” (riferendosi al prodotto usato per sterminare gli ebrei durante l’Olocausto) ha posato accanto al sindaco della città Christian Estrosi, che non si è tirato indietro. A Parigi, Marion Maréchal Le Pen ed Eric Zemmour hanno discusso della cosiddetta “cancrena islamista”. Contemporaneamente, due giornalisti di France Inter sono stati aggrediti. Un uomo è stato picchiato da militanti della Lega di difesa ebraica per aver cantato “Palestina libera”. Nei cortei si sono sentiti slogan anti-musulmani e minacce di morte. “LFI, Salaud, on aura ta peau” (Bastardo, avremo la tua pelle) hanno scandito i manifestanti a Parigi, a poche centinaia di metri dal “cordone sanitario”, che si è dissolto in una frazione di secondo. Ma non importa, questa mattina su CNEWS, Yael Braun Pivet non ha detto una parola, non una sola condanna, preferendo congratularsi per il cosiddetto “successo popolare”, mentre su un altro canale Sébastien Chenu ha dichiarato “Un giovane ebreo rischia di più la pelle in un ambiente islamista”.
La tabella di marcia era stata chiaramente annunciata da Meyer Habib, per il quale “l’odio per gli ebrei è l’afrodisiaco delle masse arabe”, e che aveva annunciato una marcia per affermare “il diritto di Israele a difendersi”. Una tabella di marcia pienamente realizzata.
Per quanto riguarda coloro che non hanno partecipato, molti hanno fatto la scelta della dignità e dell’onore, rifiutandosi di marciare a fianco, o dietro, o davanti, agli eredi delle SS e ai sostenitori incondizionati dello Stato di Israele e dei massacri che compie. Organizzazioni di massa come LFI, CGT, FSU, Solidaires e decine di associazioni si sono rifiutate categoricamente di partecipare. È significativo che il Presidente della Repubblica non fosse presente, ma solo “in spirito” secondo Yaël Braun-Pivet. Non c’era nemmeno Rony Brauman, ex presidente di Medici senza frontiere.
Nelle prime ore del mattino, la conclusione è chiara: quella che poteva essere una manifestazione di unità è stata offuscata e ridotta, fin dall’inizio, a nient’altro che una vasta operazione di banalizzazione dell’estrema destra e, per estensione, dell’antisemitismo.