Le dimissioni di Conte e una crisi al buio con Confindustria alla finestra

Era inevitabile che arrivassero e alla fine, dopo una estenuante resistenza, il Primo ministro Conte ha dovuto cedere, presentando già ieri le dimissioni al Presidente della Repubblica Mattarella.

di Adriano Manna

Il tentativo in extremis di evitare una crisi di governo con un rapido rimpasto, e la conseguente sostituzione dei renziani con la neocostituita flotta centrista dei “responsabili europeisti” non stava in piedi, lo si era capito già dalla conta sulla fiducia in Senato.

Le dimissioni di Conte ovviamente non rappresentano la resa dell’ “avvocato del popolo”, ma l’ultimo tentativo di restare in sella in un contesto complicatissimo, e con la consapevolezza di dover attraversare una strada quanto mai stretta e piena di insidie.

L’obbiettivo è ovviamente il Conte “ter”, e proprio in queste ore si sta lavorando alacremente per inglobale in maniera strutturale, in una nuova maggioranza più ampia, la neo-costituitasi gamba centrista, che permetterebbe, se sufficientemente consistente, di valutare perfino un reintegro dei renziani, che a quel punto non sarebbero più determinanti per far approvare ogni provvedimento governativo e quindi, con meno potere ricattatorio, più gestibili in prospettiva.

Qualora l’operazione non dovesse andare in porto, il Presidente della Repubblica sarebbe già orientato nel senso di affidare ad una personalità terza il mandato esplorativo, al fine di verificare la possibilità di creare un governo di più “larghe intese”, che a quel punto coinvolgerebbe quanto meno il grosso del centro-destra.

Questa, per sommi capi, la cronaca parlamentare. C’è poi la sostanza della crisi ed i reali interessi in gioco, la cui analisi può forse aiutare a decifrare meglio alcuni passaggi altrimenti poco comprensibili.

La crisi, inutile negarselo, nasce tutta sulla gestione del Recovery Plan. Proprio ieri, il leader di Confindustria Bonomi ha lanciato l’assalto, rendendo chiara la sostanza della crisi e lo sbocco che le si vorrebbe dare: «Le riforme strutturali devono essere quelle indicate da anni nelle raccomandazioni periodiche all’Italia, quindi prima di tutto quelle del mercato del lavoro, della Pa e della giustizia e ogni intervento va progettato seguendo questa metodologia».

L’attacco è diretto agli ammortizzatori sociali, troppo generosi secondo Confindustria nel piano preparato dal Governo, così come le politiche attive del lavoro, per le quali Bonomi chiede espressamente il coinvolgimento delle agenzie private.

Insomma, se è vero che in politica i tempi sono fondamentali, questa uscita è un vero e proprio avvertimento: Conte o non Conte, il nuovo governo troverà appoggi al centro solo al costo di un cambio di metodo e di sostanza nella gestione dei fondi europei per la ripresa. In quest’ottica va vista l’apertura della crisi da parte di Renzi, e sempre seguendo questo schema di ragionamento si svilupperà l’eventuale soluzione alla crisi nei prossimi giorni.

Nella sostanza quindi, questa crisi avrà una sua conclusione felice, che quindi non porti a nuove elezioni, unicamente se questi delicato dossier dovessero passare nelle mani di ministri più amici di Confindustria. Il resto è pura “telenovela” parlamentare.