L’ultima follia del governo Draghi: più armi, meno scuola

Non c’è nessun dubbio. È scritto nero su bianco nel Def: la spesa per l’istruzione negli anni 2022-2025 scende dal 4 al 3,5% del Pil. Un dato che risulta ancora più grave, se confrontato col fatto che, contemporaneamente, si programmano investimenti di guerra per 15 miliardi di euro in più fino al 2026. E i conti sono presto fatti: sono esattamente i 7,5 miliardi di euro in meno destinati in un quadriennio all’istruzione.

di Stefano Iucci – Collettiva.it

“In questo modo ci allontaniamo ancora di più dalla media Ocse – attacca il segretario generale Flc Cgil Francesco Sinopoli –. Dopo due anni di pandemia, quando è diventato chiaro a tutti quanto sia fondamentale per il Paese il nostro sistema d’istruzione, dopo tanta retorica e pochissime risorse per affrontare l’emergenza, si torna esattamente alla stessa logica ragionieristica dei tagli degli ultimi venti anni”.

Come nulla fosse, siamo di nuovo a una politica che ha i suoi precedenti nefasti nel 2008 quando si mandarono a casa ben 130.000 lavoratori, un taglio alle risorse da cui la scuola pubblica si deve ancora risollevare e che gli investimenti del Pnrr non riescono a risarcire.

“Lo abbiamo detto e lo ribadiamo oggi, ci batteremo contro l’aumento delle spese militari per affermare quelle che sono le vere priorità del Paese in primo luogo l’istruzione e la ricerca”, commenta Sinopoli.

Sul tema della spesa per il riarmo è sulla stessa lunghezza d’onda Maurizio Landini, segretario generale Cgil: “Penso che abbia ragione il Papa quando dice che è sbagliato investire sul riarmo ora nel mondo. Sembrerà utopistico mentre è in corso una guerra, ma c’è davvero bisogno di affermare la cultura del multilateralismo con al centro l’uomo. Ha ragione il Papa a chiedere d’immaginare un altro mondo”.

Cultura e multilateralismo: impossibile ripartire da qui, senza investire seriamente in istruzione e ricerca.