Cariche al funerale della giornalista palestinese assassinata: Israele mette in imbarazzo USA ed Ue

Gerusalemme. Di fronte all’indignazione le autorità israeliane hanno annunciato che avvieranno indagini sull’accaduto. L’Anp di Abu Mazen pronta a collaborare con organismi internazionali sull’uccisione della giornalista.

di Michele Giorgio – Il Manifesto

È sorprendente, ma fino a un certo punto, che Rainews, il servizio pubblico finanziato dai contribuenti italiani, scriva sui social di «Forze israeliane in campo per sedare le sommosse» a proposito delle cariche, con manganellate e altro, al corteo funebre di Shireen Abu Akleh, la giornalista palestinese di Al Jazeera uccisa mercoledì mentre seguiva gli sviluppi di una incursione militare israeliana nel campo profughi di Jenin. Persino il segretario di Stato Antony Blinken, un sincero alleato e amico di Israele, ha le idee chiare su quanto è accaduto venerdì davanti all’ospedale Saint Joseph di Sheikh Jarrah (Gerusalemme Est) quando un gruppo di sostenitori e amici della reporter ha provato a portare in spalla la bara. «Siamo rimasti profondamente turbati dalle immagini della polizia israeliana che si intromette nel corteo funebre della palestinese americana Shireen Abu Akleh. Ogni famiglia merita di far riposare i propri cari in modo dignitoso e senza ostacoli», ha scritto Blinken su Twitter. Prima di lui, lo stesso presidente Joe Biden aveva ha affermato che l’accaduto «deve essere indagato» e la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki aveva definito le immagini delle cariche «inquietanti». L’Unione europea si è detta «sconvolta».

Di fronte all’indignazione locale e internazionale, la stessa polizia israeliana dopo aver sedato, a suo modo, le «sommosse» viste solo da Rainews, ieri ha annunciato che avvierà indagini sull’accaduto per ordine del commissario Kobi Shabtai e del ministro della pubblica sicurezza Omer Barlev. I video girati quel giorno dai partecipanti, che hanno fatto il giro della rete, non sembrano lasciare molti dubbi. I poliziotti dopo aver accusato i palestinesi di aver «sequestrato la bara» contro la volontà della famiglia Abu Akleh, li hanno picchiati con i manganelli, facendo quasi cadere il feretro. Smentisce la polizia il fratello della giornalista. La famiglia e le persone in lutto, ha spiegato, intendevano tenere una «piccola processione» ma sono state aggredite mentre lasciavano l’ospedale. La polizia invece sostiene che centinaia di persone «hanno cercato di sabotare la cerimonia» e che gli agenti sono stati «esposti a violenze» e, di conseguenza, hanno usato la forza. La polizia, ormai si è capito, aveva stabilito che la processione sarebbe iniziata alla Porta di Giaffa in modo da tenere il rito funebre solo al cimitero nella città vecchia e di impedire l’omaggio politico che i circa 20mila palestinesi presenti al funerale intendevano offrire a Shireen Abu Akleh, nelle strade di Gerusalemme Est da Sheikh Jarrah fino alle mura antiche, con sventolio di bandiere e scandendo slogan. Di fatto sarebbe stata una sfida aperta al controllo israeliano sulla zona araba della città a poche settimane dal 55esimo anniversario della sua occupazione militare.

Resta sul tavolo anche lo scontro duro tra israeliani e palestinesi sulla responsabilità dell’uccisione della giornalista. Due giorni fa l’esercito, smentendo in parte il premier Bennett e il ministro della difesa Gantz, che avevano subito attribuito tutte le colpe ai palestinesi e proposto una indagine congiunta, ha ammesso che il proiettile potrebbe essere stato esploso anche da un soldato israeliano. Ha aggiunto che sta verificando la possibilità che da un veicolo militare siano stati sparati proiettili in direzione di un palestinese armato e che uno di questi potrebbe aver colpito la giornalista. Secondo la tv israeliana Canale 12, il capo delle forze armate Aviv Kohavi giovedì ha tenuto un incontro a porte chiuse con diversi generali per discutere della possibilità che Abu Akleh sia stata colpita da un proiettile israeliano e che questa possibilità è stata definita «molto probabile».

Intanto ieri, nell’anniversario della Nakba, la «catastrofe» con l’esodo di centinaia di migliaia di palestinesi costretti nel 1948 a fuggire o che furono cacciati dalle loro case, è spirato Walid al Sharif, 21 anni, ferito alla testa durante gli scontri con la polizia israeliana avvenuti il mese scorso sulla Spianata della moschea di Al Aqsa a Gerusalemme. Sarebbero invece cinque le vittime dell’ultimo attacco israeliano, venerdì notte, contro presunte postazioni iraniane in Siria.