Elezioni in Russia, i comunisti avanzano e strappano la “supermaggioranza” a Putin

Sorprendente successo del Partito comunista alle elezioni legislative in Russia dove il partito di Vladimir Putin, Russia Unita, mantiene saldamente la maggioranza dei seggi ma perde la “supermaggioranza” che gli consentirebbe di modificare la Costituzione unilateralmente.

Le elezioni tenutesi il 18 e 19 settembre per il rinnovo del parlamento russo hanno registrato un nuovo record negativo in termini di affluenza, con solo il 45% degli aventi diritto che si è recato alle urne.

Il partito di governo Russia Unita, la creatura personale di Putin, scende di pochissimo sotto la soglia del 50% dei voti, quasi 5 punti in meno rispetto alle scorse elezioni e perde quindi la possibilità di modificare da sola la Costituzione, mantenendo tuttavia la maggioranza assoluta dei seggi. Ad avvantaggiarsene è stato senza dubbio il principale partito di opposizione, Il Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF) guidato da Gennady Zjuganov che è riuscito a coalizzare ben 56 partiti d’area anticapitalista raggiungendo così il 19% dei voti, quasi 6 punti percentuali in più rispetto al 2016 quando raccolse il 13,6%.

In calo l’estrema destra dei “liberal-democratici” che scendono al 7,5% (a dispetto del nome, si tratta di una formazione di chiaro stampo ultra-nazionalista e xenofobo), mentre risultano in ascesa i social-democratici col 7,4% e la nuova piattaforma liberale Novyie Ljudi, che raccoglie il 5,4% alla sua prima uscita elettorale.

In tutto il Paese si sono moltiplicate le denunce di brogli, con praticamente tutti i partiti di opposizione (a partire dai comunisti) che accusano “Russia Unita” di aver beneficiato di numerosissime irregolarità nei voti online, ammessi per la prima volta nella storia russa in molte regioni.