Indipendentismo catalano alla sbarra. Le dichiarazioni finali di Oriol Junqueras

Si è chiuso al Tribunale supremo di Madrid il processo ai leader indipendentisti catalani, ma la sentenza è attesa in autunno: 12 gli imputati, di cui nove in carcere, tra cui l’ex vicepresidente della Generalitat, Oriol Junqueras, che rischia 25 anni di carcere.

La giustizia spagnola, inoltre, ha rifiutato di concedere a Oriol Junqueras un permesso straordinario per partecipare lunedì 17 giugno al Consiglio centrale elettorale e giurare così per la carica di europarlamentare (era stato appena eletto nelle file di Esquerra Republicana) e non potrà quindi ricoprire tale incarico.

Pubblichiamo con piacere, su segnalazione e traduzione in italiano a cura della giornalista Carla Signorile, la dichiarazione finale che Oriol Junqueras ha pronunciato davanti alla Corte in occasione della conclusione del processo lo scorso 12 giugno.

 

Dichiarazioni finali di Oriol Junqueras al processo per il referendum sull’indipendenza della Catalogna

Il Tribunale Supremo mi dà ora nuovamente la parola e se di qualcosa devo ringraziare il processo e la Corte, è di avermi dato voce dopo tanto tempo durante il quale ne ero stato privato. Parlare e ascoltare è alla base di qualsiasi comprensione.

Nel liceo italiano dove ho studiato, i miei compagni ed io imparammo, praticamente a memoria, il primo sonetto del “Canzoniere” di Petrarca, i cui primi versi dicono, più o meno, così: “Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono delle mie parole”.

Questa è la prima volta che un autore famoso e in lingua volgare si rivolge direttamente ai suoi lettori e a coloro che ascoltano la lettura delle sue parole. È un appello diretto che nasce dalla consapevolezza che servirebbe a poco parlare o scrivere, se nessuno ascoltasse o leggesse.

Con questo stesso spirito provo a rivolgermi a tutti voi (e a tutti coloro che vogliono ascoltare) con queste ultime parole. Sono fondamentalmente un padre di famiglia e un professore. La mia dedizione alla politica è stata tardiva ed è nata, come la mia vocazione didattica, dallo spirito di servizio, dalla volontà di essere utile, di cercare di costruire un mondo più giusto e più libero… un mondo migliore.

Non so quando divenni consapevole delle mie convinzioni democratiche, civiche, pacifiche e repubblicane, ma sono le convinzioni che ho, mantengo e condivido con coloro che ritengono che votare o difendere la Repubblica in un Parlamento non può rappresentare un reato.

La volontà di dialogo, negoziazione e accordo, partendo dal rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, non dovrebbe mai essere un crimine. Tutti i miei libri, articoli e discorsi dimostrano questo impegno irrinunciabile insieme all’inclinazione a fare il bene e a rispettare la dignità umana. Tutti coloro che mi conoscono, compresa evidentemente l’accusa presente in questo processo, ne sono perfettamente consapevoli.

Qualsiasi politico, come ogni essere umano, commette degli errori, ma ho sempre evitato quella politica, la cattiva politica, che nega il dialogo, la negoziazione e l’accordo e che  ha trasferito a questa Corte di giustizia la responsabilità di dettare una sentenza.

Credo sinceramente che sarebbe meglio per tutti (per la Catalogna, per la Spagna e per l’Europa) riportare la questione nel campo della politica (da dove non sarebbe mai dovuta uscire), affinché si torni sul terreno del dialogo, della negoziazione e dell’accordo. Nel frattempo il mio lavoro deve essere quello di contribuire, questa volta attraverso il giudizio delle urne, a promuovere la democrazia.