Vietate le bandiere rosse: censura al cimitero di Gramsci

Un recente episodio estremamente grave è avvenuto recentemente al cimitero acattolico di Roma, dove, durante la consueta commemorazione di Antonio Gramsci, è stato vietato l’ingresso delle bandiere rosse di Rifondazione comunista. Un provvedimento che, al di là dell’apparente intento di tutela della neutralità del luogo, solleva interrogativi rilevanti sul rapporto tra memoria storica e libertà di espressione politica.

Ogni 27 aprile, il cimitero acattolico di Roma diventa luogo di pellegrinaggio civile per chi vuole rendere omaggio ad Antonio Gramsci, uno dei principali pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia, simbolo dell’antifascismo e uno dei massimo pensatori marxisti riconosciuto a livello globale.

Durante la commemorazione del 2025, però, la direzione del cimitero ha vietato l’ingresso delle bandiere rosse, solitamente portate dalle organizzazioni politiche che si recano al cimitero per rendere omaggio all’intellettuale sardo. Il motivo ufficiale: mantenere “la neutralità del luogo” e preservarne la natura “non politicizzata”.

Le bandiere rosse: simbolo storico o gesto politico?

Il divieto ha immediatamente suscitato reazioni, in particolare da parte della Gramsci Society, Futura umanità e di numerosi studiosi, attivisti e cittadini. Le bandiere rosse, da sempre presenti in queste commemorazioni, non sono semplici ornamenti o provocazioni: rappresentano un simbolo storico fortemente legato all’identità politica di Gramsci e al contesto in cui ha vissuto, lottato e scritto.

Proibire tali simboli significa, secondo molti, alterare il significato stesso della commemorazione, tentando di depoliticizzare una figura profondamente politica.

Le reazioni pubbliche e il dibattito

Diverse personalità della cultura e della politica si sono espresse contro la decisione. Lo storico Luciano Canfora ha parlato di un atto di “cancellazione simbolica” e di una tendenza pericolosa a “normalizzare” la memoria dei grandi pensatori del Novecento, privandoli della loro radicalità.

Sui social media, il tema è diventato virale attraverso l’hashtag #GramsciLibero, accompagnato da messaggi di denuncia, solidarietà e richieste di chiarimento sul ruolo della direzione del cimitero.

Neutralità o rimozione della memoria?

È legittimo chiedersi cosa significhi realmente “neutralità” in questo contesto. Il cimitero acattolico è certamente un luogo di raccoglimento, ma la tomba di Gramsci è anche, da decenni, uno spazio di memoria collettiva e politica. Negare simboli come le bandiere rosse non equivale forse a un tentativo di rimuovere il significato storico di Gramsci?

Ridurre la commemorazione a un gesto puramente formale rischia di svuotare la figura di Gramsci della sua carica critica e rivoluzionaria. E questo, per molti, è inaccettabile.

Perché Gramsci e le bandiere rosse contano ancora

A quasi 90 anni dalla sua morte, Antonio Gramsci continua a essere una figura centrale nel dibattito culturale e politico. La sua eredità parla ancora al presente: sul potere, sulla cultura, sulla lotta per l’emancipazione.

Le bandiere rosse alla sua tomba non sono solo un tributo: sono il segno che quel pensiero è vivo, che quella lotta non è stata dimenticata. E se un simbolo come quello fa ancora discutere, forse è perché ciò che rappresenta non è affatto superato.

Il caso del divieto delle bandiere rosse alla commemorazione di Gramsci non è una semplice questione di regole o protocollo. È il riflesso di un confronto aperto sul significato della memoria storica, sulla libertà di espressione e sulla legittimità dei simboli politici nei luoghi pubblici.

Gramsci e le bandiere rosse sono oggi, ancora una volta, al centro di un dibattito che riguarda il modo in cui scegliamo di ricordare — e di dimenticare.