Nel 2014 un incidente analogo costò la vita a tre lavoratori siciliani, travolti e uccisi da un treno mentre erano impegnati sulla massicciata. Decine gli incidenti gravi o mortali negli ultimi anni, soprattutto fra gli appalti, dove le misure di sicurezza si allentano.
di Riccardo Chiari – Il Manifesto
La dinamica della strage operaia di Brandizzo è molto simile a quella che il 17 luglio 2014 costò la vita a tre operai siciliani, travolti e uccisi da un treno mentre stavano lavorando sulla massicciata.
Vincenzo Riccobono, Antonio La Porta e Luigi Gazziano, dipendenti di Rete ferroviaria italiana, controllavano lo scartamento di un binario lungo un tratto della ferrovia Gela-Licata nei pressi della zona industriale di Butera, in provincia di Caltanissetta. A travolgerli, verso le sei del pomeriggio, fu un regionale che era composto solo da una carrozza automotrice e che non viaggiava ad alta velocità. Ma i tre operai lavoravano subito dopo una curva, e soprattutto mancavano sia le segnalazioni della loro presenza sui binari che la comunicazione al macchinista di lavori in corso sulla tratta.
Solo per caso invece, la notte del 7 dicembre 2018, non ci furono vittime tra le stazioni di Firenze Campo di Marte e Firenze Statuto, quando un treno merci in transito in una galleria urtò e travolse una piattaforma montata sul binario adiacente, sulla quale stavano lavorando tre operai in appalto della ditta Cemes, impegnati in operazioni sulla linea elettrica. I lavoratori furono sbalzati sulla massicciata dopo un volo di alcuni metri, e due di loro rimasero gravemente feriti. Le indagini della magistratura accertarono che la piattaforma aveva “invaso” una piccola parte dell’altro binario, tanto bastò a provocare l’incidente.
Ne seguirono dure polemiche, soprattutto da parte dei sindacati di base Orsa e Usb, che contestavano la direttiva dell’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria che prevede, in caso di lavori ai binari, di interdire la circolazione sulla sola rotaia coinvolta, mentre possono transitare i treni sui binari adiacenti “se la zona è correttamente delimitata”.
Gli stessi sindacati di base sui loro siti danno conto di decine e decine di incidenti gravi e mortali avvenuti negli ultimi anni nei cantieri di Rfi, denunciando un’organizzazione del lavoro che ha risentito delle politiche di smantellamento del potenziale produttivo dell’azienda con relativi, drastici tagli occupazionali. Cosi sono state esternalizzate le attività di manutenzione verso imprese private, con un abbassamento dei livelli di sicurezza sul lavoro. Inoltre i treni ormai viaggiano anche quando si fanno le manutenzioni all’infrastruttura, moltiplicando i rischi.
E’ in contesti del genere che nella notte fra il 25 e il 26 aprile 2017 morirono due operai campani dell’azienda Gcf, che aveva in appalto i lavori commissionati da Rfi nel tratto del Brennero tra Bressanone e Fortezza, quando un treno cantiere adibito alla sostituzione di binari e traversine andò a schiantarsi su un altro mezzo della stessa azienda, dopo due chilometri di corsa fuori controllo. Le indagini accertarono che il sistema frenante del pesantissimo convoglio, che stava trasportando circa 1.500 tonnellate di traversine in cemento, era funzionante ma assolutamente insufficiente a controllarlo. Al momento dell’incidente una cinquantina di operai stava lavorando sulla tratta, anche questa volta solo per miracolo non ci fu una strage.
Se la maggior parte degli omicidi bianchi lungo i binari avviene nei cantieri per lavori di rifacimento e nelle operazioni di manutenzione, ci sono anche gli operai che a scadenza regolare restano folgorati mentre lavorano sulle linee elettriche. Morti altrettanto ingiustificabili in un settore dove si utilizza l’alta tensione da quasi un secolo, denunciano ancora i sindacati, ma dove gli infortuni di questo genere si ripetono con dinamiche pressoché identiche.