Governo Draghi ai titoli di coda: ecco cosa succede ora

Il 25 settembre gli italiani saranno chiamati ad eleggere un nuovo parlamento. Il Presidente Mattarella ha ufficialmente sciolto le Camere, accettando le dimissioni del Primo ministro Draghi e affidandogli un elenco delle emergenze che dovrà ora affrontare in ordinaria amministrazione.

di Adriano Manna

La crisi, innescata forse involontariamente dalle richieste di natura prettamente politica del M5S (l’unica forza che in questi giorni ha posto questioni politiche ben precise al resto della maggioranza e all’esecutivo) nei fatti è stata consumata dalla destra, che ha colto la palla al balzo per portare il Paese alle urne e incassare un risultato elettorale che potrebbe essere quanto mai generoso, almeno stando ai sondaggi.

L’atteggiamento di Forza Italia e Lega, entrambe allineatesi al prevedibile gioco al massacro di Fratelli d’Italia, sembrano far presagire in vista del voto la ricomposizione del centrodestra a trazione sovranista, che sulla carta potrebbe conquistare con molta probabilità una maggioranza assoluta in entrambi i rami del parlamento.

Per il Partito democratico le parole di Letta sembrano far presagire un’approssimazione tattica a tratti inquietante: il “campo largo” con i 5stelle sembra essere già stato liquidato in virtù della loro “inaffidabilità”, l’alleanza con Renzi non auspicabile. Rimarrebbe Calenda, che però pone come condizione l’esclusione di Sinistra Italiana e Verdi. Nella sostanza il PD ad oggi non ha alcun sistema di alleanze, il che non sarebbe neanche un qualcosa di devastante per la quota proporzionale prevista dalla Legge elettorale attualmente in vigore, ma consegnerebbe già in partenza alla destra almeno il 70% dei collegi uninominali, sancendo così molto probabilmente l’egemonia delle forze conservatrici (e reazionarie) nella prossima legislatura.

Il M5S, dilaniato dalle ultime scissioni e con una leadership traballante, deve adesso trovare una nuova collocazione politica, che sembra per forza di cose essere a sinistra del Pd, anche alla luce dell’agenda sociale che aveva posto al governo e su cui è stata innescata la crisi.

Rimane poi da tenere in considerazione il potenziale sviluppo di Unione Popolare di De Magistris, che se cercasse sin da subito una convergenza col M5S potrebbe così contribuire a ridefinire il sistema su basi tripolari, magari attraendo poi anche i rosso-verdi qualora il Pd cedesse gli aut aut dei centristi.

L’unica certezza ad oggi è che la destra parte in grande vantaggio, e il rischio di una narrazione elettorale che veda contrapposti i sovranisti ad una proposta politica di stampo “draghiano” senza Draghi, è ad oggi altissimo.