Questo voto ha un doppio valore, simbolico e concreto, che ci spinge a superare ritualità e dubbi legati allo strumento elettorale e, per la prima volta, dare un’indicazione collettiva netta: scrivere Salis dove è candidata, crociare Avs in tutta Italia per raggiungere il quorum del 4%.
Di Casale Garibaldi, Communia, ESC Atelier Autogestito (Roma)
Alla fine, i domiciliari sono arrivati e a breve le porte dell’antico carcere di Budapest potrebbero aprirsi davanti a Ilaria Salis. Il tribunale ungherese ha accolto ieri la richiesta dei domiciliari avanzata dai legali della difesa.
È una grande notizia, ma bisogna stare attenti: il rischio che l’insegnante anti-fascista sia condannata a 20 anni di carcere è ancora tutto lì. Ci resterà almeno fino a quando Salis non sarà in Italia, da dove i giudici hanno negato l’estradizione verso l’Ungheria a un suo co-imputato a causa della sproporzione tra i fatti di cui era accusato e le pene richieste e della mancanza delle condizioni per un giusto processo.
Ora il governo italiano ha gioco facile a sostenere di aver sempre avuto ragione, che bisognava insistere sulle vie legali e sulla richiesta ai giudici della misura cautelare in casa invece che in carcere. Ma la verità è un’altra. Tra l’udienza del 28 marzo scorso in cui il rigetto è arrivato in un minuto, senza neanche le procedure di rito, e la novità di mercoledì scorso è cambiata solo una cosa: la candidatura con Alleanza verdi e sinistra alle prossime europee.
Significa che era la scelta giusta, come confermano le indicazioni di voto che arrivano da realtà politiche molteplici e spesso poco inclini a utilizzare lo strumento elettorale. In ogni caso l’iscrizione nelle liste è soltanto l’inizio. Per garantire la libertà serve l’elezione.
Un motivo in più per ribadire quanto contenuto nel testo scritto dai tre spazi sociali della capitale prima degli ultimi risvolti e che qui ripubblichiamo: scrivere Ilaria Salis sulle schede delle circoscrizioni nord-ovest e isole; crociare Avs in tutta Italia per ottenere il quorum del 4%.
Non abbassiamo la guardia, Ilaria libera.
Ilaria Salis rischia di rimanere 20 anni nelle carceri ungheresi e l’unica speranza di tirarla fuori è eleggerla al parlamento europeo.
Il governo italiano non ha fatto nulla per sostenerla. Le blande dichiarazioni del ministro degli esteri Antonio Tajani hanno mostrato tutta la loro inconsistenza davanti alle catene esposte in aula non una ma due volte. La strategia suggerita da Roma, chiedere gli arresti domiciliari a Budapest, è naufragata in un minuto, il tempo necessario al giudice per leggere il rigetto nel secondo appuntamento in tribunale.
Non c’è da stupirsi. Agli occhi della destra nostrana Salis è prima una militante antifascista e poi una cittadina italiana. È illusorio credere che Meloni metta il ruolo istituzionale davanti al sentimento di partito che, in questa vicenda, produce un’identificazione con le controparti. Per i Fratelli d’Italia e per la destra globale l’Ungheria di Orbán è un modello da imitare. Ha mostrato la possibilità di minare i principi della democrazia liberale, dilatando il potere dell’esecutivo, pur senza uscire da un’Unione europea inflessibile con chi non rispetta i dogmi economico-finanziari del neoliberismo e molto più tollerante con chi viola le regole basilari dello stato di diritto.
Sostenerla per noi non significa indicare un voto utile contro il rischio rappresentato dall’affermazione elettorale delle destre, significa esprimere un atto di dissenso e una sfida a un modello di autoritarismo di Stato già realizzato da Orbán e invidiato da Meloni.
Il primo quinta colonna del putinismo in Europa, la seconda allineata senza se e senza ma alla politica estera statunitense. Due facce della stessa medaglia in un contesto segnato dalla guerra alle porte e dal genocidio a Gaza. In entrambi i casi l’Europa ha dimostrato la sua impotenza e l’incapacità di giocare un ruolo a favore della pace e della garanzia dei diritti fondamentali. Questa situazione rischia di peggiorare dopo la prossima tornata elettorale, con un ulteriore e deciso spostamento a destra dell’asse politico.
Una torsione ancora più autoritaria preparata dall’attuale presidente della Commissione europea Ursula von Der Leyen, soprattutto con i provvedimenti su migranti e “riconversione ecologica”, che nella migliore tradizione delle grandi coalizioni intorno al centro neoliberale ha spalancato le porte all’estrema destra.
Il voto per Ilaria Salis ha quindi un doppio valore, simbolico e concreto, che ci spinge a superare ritualità e dubbi legati allo strumento elettorale e, per la prima volta, dare un’indicazione collettiva netta.
Alle candidate e ai candidati di Alleanza Verdi-Sinistra della circoscrizione nord-ovest e delle isole, dove Ilaria Salis è candidata, chiediamo di impegnarsi pubblicamente a dimettersi nel caso in cui ottengano più preferenze dell’insegnante reclusa a Budapest. Non mancano precedenti negativi in questo ambito ma, stavolta, la posta in gioco è più alta e non possono esserci ambiguità né dietrofront.
A chi crede che tirare fuori dal carcere Ilaria Salis sia più importante di slogan e tic ideologici diciamo di andare alle urne l’8 e il 9 giugno. Per praticare l’obiettivo bisogna votare AVS in tutta Italia, affinché superi lo sbarramento del 4%, e scrivere Ilaria Salis accanto al simbolo del partito nella circoscrizione nord-ovest e delle isole.
La sfida è complicata e non basta votare in silenzio. È necessario farsi sentire, essere della partita e prendere l’iniziativa per sostenere pubblicamente la candidatura di chi in questo momento non ha voce perché rinchiusa in una prigione. Ilaria Salis libera, rompiamo le catene.
Per adesioni collettive all’appello al voto per Ilaria Salis: liberiamoilariasalis@gmail.com
Foto di copertina di Mario Di Vito