Corrispondenza dal Rojava sotto bombardamento turco

Pubblichiamo la corrispondenza della compagna @SaraRojava dal Rojava, dove continuano violenti i bombardamenti turchi nel silenzio ormai generalizzato del media occidentali.

Vi scrivo dalla Siria del Nord e dell’Est, altrimenti detto Rojava, dove dal 5 ottobre è iniziata un’ondata di attacchi da parte dell’aviazione turca.

Vengono bombardate infrastrutture civili in una zona già compromessa dalla guerra e dall’embargo. Ad esempio vengono colpite dighe che servono sia alla distribuzione dell’acqua che alla produzione di energia elettrica: in una zona in cui c’è già scarsità idrica e dove abbiamo la corrente elettrica poche ore al giorno le ripercussioni di questo sulla vita di tutti i giorni sono pesantissime, si pensi per esempio agli ospedali. Vengono presi di mira i pozzi petroliferi, e qui l’inverno è in arrivo, il petrolio viene usato per riscaldare le case: per i popoli del nord ed Est della Siria l’inverno sarà più duro che mai. Sono stati colpite strutture ospedaliere, quelle costruite apposta per il COVID-19, e sono state distrutte. Lo Stato turco deliberatamente prende di mira infrastrutture civili, e sappiamo che colpirle significa andare contro la legislazione internazionale. Il campo di di Washokani accoglie rifugiati interni provenienti principalmente dalla citta di Serekaniya occupata nel 2019: l’area intorno ad esso è stata bombardata più volte, seminando il panico tra i rifugiati. Le ONG internazionali presenti sono state costrette a interrompere il loro lavoro e a lasciare il campo per paura che le bombe colpissero il campo stesso. Sono state attaccate motociclette e automobili, una fabbrica di alimenti per animali e molti altri siti civili. Si tratta di attacchi contro una popolazione che ha combattuto contro l’Isis, una minaccia non solo per il Medio Oriente ma per l’intera umanità. Non dobbiamo dimenticare che qui ci sono ancora prigioni dove sono rinchiusi i combattenti dell’ISIS, fondamentalisti che provengono da tutto il mondo ma che, poiché i loro paesi di origine non si prendono cura di loro, restano un peso per la popolazione locale. Spesso vengono scoperte cellule dormienti e vengono neutralizzate. Uno dei centri di deradicalizzazione per minori che sono cresciuti con l’ideologia ISIS ha dovuto interrompere le attività a causa dei bombardamenti. Forse Erdogan si sta vendicando perché questi popoli sono riusciti a sconfiggere i suoi alleati, i fondamentalisti dell’ISIS?

Stanotte (scrivo il 9-10-2023) i bombardamenti sono stati particolarmente feroci. Hanno colpito numerosi villaggi e città vicini al confine nord, nel momento in cui scrivo non è ancora chiaro il numero delle vittime ma sappiamo che sono decine. Oggi è l’anniversario del giorno in cui Abdullah Ocalan ha lasciato la Siria ed ha iniziato il suo viaggio cercando asilo in diversi Paesi europei e non, per essere alla fine rapito in Kenia e da allora rinchiuso nella prigione sull’isola di Imrali dal 15 Febbraio 1999, in totale isolamento (senza possibilità di vedere gli avvocati) dal 2019. Qui Ocalan è considerato non solo il leader indiscusso di questa rivoluzione, ma anche la persona senza la quale questa rivoluzione non sarebbe stata possibile. Di fatto è non solo l’ideatore del paradigma basato su democrazia, ecologia e libertà della donna su cui si poggia la vita nel Nord ed Est della Siria, ma anche la guida pratica del movimento di liberazione curdo. È Lui la guida ideologica del movimento che ha resistito ad ISIS a Kobane, determinando la sua ritirata, è Lui alla base del coraggio e dell’organizzazione delle e dei combattenti YPJ-YPG e delle forze della Siria Democratica che hanno determinato la sconfitta sul campo di ISIS, minaccia non solo per il medio oriente ma per tutto il mondo. Questi attacchi sono implicitamente attacchi contro la sua persona.

Le autorità turche sostengono che questi attacchi sono stati una risposta all’azione del 1° ottobre dell’HPG contro la Direzione Generale della Sicurezza del Ministero degli Interni turco ad Ankara. Tuttavia, i piani di Erdogan di attaccare la Siria settentrionale e orientale sono molto più antichi. Nel 2018 l’esercito turco ha occupato violentemente Afrin e nel 2019 Serekaniye e Gire Spi. Queste invasioni causarono numerose vittime e migliaia di profughi. Nelle zone occupate, dove Erdogan aveva espulso gli indigeni dalla sua antica terra, ha insediato le famiglie dei gruppi mercenari islamici suoi alleati, attuando un drastico cambiamento demografico. Tutto ciò rientra nel piano della Turchia di occupare una fascia di 30 chilometri vicino al confine, che mette in pericolo anche le zone di Kobane, Qamishlo e Derik.

Dopo l’occupazione di Serekaniye nel 2019, le tattiche di guerra turche sono cambiate e si sono spostate verso attacchi principalmente aerei. Gli omicidi mirati compiuti dai droni colpiscono principalmente le avanguardie della nostra società, amministrazione e combattenti che avevano coraggiosamente combattuto lo Stato Islamico. Negli ultimi anni si sono verificati frequenti attacchi turchi contro veicoli che trasportavano funzionari dell’amministrazione locale, personale militare in situazioni non di combattimento, giornalisti o civili in generale. Nel novembre 2022, dopo che la Turchia ha utilizzato un attacco orchestrato a Istanbul come pretesto per attaccare la Siria settentrionale e orientale, sono state bombardate infrastrutture, case civili e fabbriche. L’attuale ondata di attacchi rappresenta la peggiore escalation da allora.

Tra gli attacchi verificatisi a partire dal 2019, possiamo notare che ad essere prese di mira sono soprattutto le donne. Le donne sono l’avanguardia della rivoluzione del Rojava e per questo motivo sono quelle di cui lo Stato turco ha più paura. Le donne organizzate della Siria settentrionale e orientale sono il nucleo della nuova società che questi popoli stanno costruendo, uno dei principali pilastri del paradigma di liberazione che si sta mettendo in pratica. In particolare le YPJ (unità di difesa della donna), sono diventate un simbolo di speranza per le donne che in tutto il mondo lottano per una società libera e per la propria liberazione. Queste donne sono state tra le principali attrici della sconfitta di ISIS, e questa è un’altra ragione per cui lo Stato turco sta attaccando soprattutto le combattenti e comandanti delle YPJ. Sosîn Bîrhat, Jiyan Tolhildan, Roj Xabur, Şervîn Serdar e molte altre furono assassinate negli attacchi dei droni turchi.

Questo attacco verso il Nord ed Est della Siria non è solo un attacco contro i popoli del Nord ed Est della Siria, ma è un attacco contro un’idea di società che ponga al centro la libertà della donna e con essa ecologia e democrazia. Questo è un attacco contro chi ha sconfitto ISIS anzi, nei fatti questi attacchi mirano a indebolire la lotta ancora in corso contro il fondemantalismo islamico. Qui in Rojava resistiamo, la popolazione scende in piazza, le donne delle YPJ e tutte le forze armate sono pronte a rispondere. Ma il silenzio dell’occidente è assordante.