Draghi al via: la mossa della Meloni e l’opposizione di sinistra che non c’è

L’ormai imminente nascita del governo di Mario Draghi è uno di quegli eventi destinati ad avere conseguenze rilevanti sul sistema politico italiano, tanto nell’immediato quanto nel medio periodo.

di Adriano Manna

La consultazione online sulla piattaforma di Rousseau ha sciolto l’ultimo nodo relativo alla partecipazione del Movimento 5 Stelle al nuovo governo, un governo che potrà contare sicuramente anche sull’appoggio del PD, Italia Viva, Forza Italia, Lega e probabilmente di LeU (ma è in forte dubbio l’adesione della componente di Sinistra italiana).

Se questo quadro venisse confermato martedì prossimo, quando il Primo ministro incaricato chiederà la fiducia alle camere, ci troveremmo nella situazione inedita di avere quasi tutto lo spettro politico coinvolto in un vero e proprio governo di “salvezza nazionale”.

Quasi tutti dentro, dicevamo, perché Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni non ci sarà e provoca un certo sconcerto vedere come l’attuale classe politica di sinistra sembra non cogliere la portata di questo passaggio e, più in generale, la natura dello schieramento di centro-destra.

La destra italiana è infatti una galassia articolata, ma strategicamente unita. La scelta di lasciar fuori Giorgia Meloni, che non casualmente sta già godendo di una sovra-esposizione mediatica sulle televisioni della famiglia Berlusconi, sembra rispondere ad una chiara strategia: la decisione di lasciare un cuscinetto esterno alla compagine governativa permetterà alla destra di attrarre e canalizzare verso di lei le sacche di dissenso che inevitabilmente il governo Draghi genererà. Allo stesso tempo, la partecipazione di Forza Italia e Lega al governo permetteranno di garantire a questi partiti il consolidamento dell’elettorato moderato, consentendo in prospettiva alla coalizione del centro-destra di assorbire tutte le possibili tensioni in seno alla società e a consolidare un blocco sociale articolato e molto esteso.

Nel campo del centro-sinistra, a voler fare un ragionamento simile, sarebbe stato opportuno che un partito a sinistra del PD si dichiarasse fuori dall’ormai imminente nuova maggioranza, per molteplici ragioni: in primo luogo l’ancora non nota natura programmatica del governo Draghi rende una vera e propria incognita la partecipazione a questo governo e l’assenza di una forza rilevabile all’elettorato a sinistra del PD, eventualmente non compromessa dalla complicità con eventuali decisioni impopolari del governo, lascerà la sinistra totalmente disarmata al momento del voto. In secondo luogo, un restringimento da sinistra dello spettro della maggioranza avrebbe imposto una partecipazione più responsabile e vincolante delle destre al governo, specialmente a Forza Italia, con il risultato per quest’ultima di doversene assumere non solo onori, ma anche eventuali oneri.

Questo “lavoro sporco” a sinistra lo avrebbe dovuto fare LeU, che purtroppo, a causa di alcuni gravi errori nella fase costituente, non è riuscita ad andare oltre al cartello elettorale ed ai gruppi parlamentari unitari.

E’ proprio la mancata maturazione di Liberi e Uguali in soggetto politico, e quindi la conseguente mancanza di una capacità elaborativa sul piano strategico, quella che impedisce a questo soggetto di svolgere una funzione che sarebbe suggerita oggi anche solo semplicemente dalla lettura degli spazi politici che si stanno aprendo in questa nuova fase.

Molto probabilmente sarà solo una delle due componenti di LeU, cioè Sinistra italiana di Fratoianni, a provare a svolgere questo ruolo. Tuttavia, agli occhi dell’elettorato, la partecipazione di Speranza come ministro della Salute potrebbe rendere effimera questa scelta, poiché è veramente difficile per i non addetti ai lavori orientarsi nella galassia frammentata della sinistra. A livello narrativo è quindi probabile che passi comunque il messaggio di una adesione pressoché totale della sinistra a questa nuova esperienza di governo.

Le conseguenze si potrebbero materializzare tutte al momento del voto che arriverà tra neanche due anni (sempre che questo nuovo governo ci arriverà), col rischio di ritrovarsi uno schieramento di centro-destra ovviamente unito e ingrossato dall’ulteriore lievitazione in termini di consenso di Fratelli d’Italia, una Lega ripulita dalla lavatrice Draghi ed una Forza Italia col bollino di forza sistemica sostanzialmente affidabile. Un disastro per il campo progressista.