Fine dell’epoca Sanchez? I popolari spagnoli si preparano alla vittoria.

Questa domenica gli spagnoli sono chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento e sembrerebbe, che il governo di Pedro Sanchez abbia i giorni contati.

di Arianna Recine

Questo è quanto riporta l’ultimo sondaggio che vede il blocco PP-Vox accaparrarsi 173 seggi, quasi la maggioranza assoluta. Un sondaggio pubblicato il 17 luglio dal CIS (Centro per le ricerche sociologiche), accusato spesso dalla destra di essere filo-governativo, invece, propone uno scenario opposto; e cioè vede trionfare il paritto socialista con il 32% dei voti.
Questo è quanto emerge dalle ultime valutazioni prima dello stop a ogni previsione e l’inizio del silenzio pre-elettorale che scatterà oggi a mezzanotte.

Secondo il CIS, inoltre, gli indecisi sarebbero ancora molti, ben il 30% degli aventi diritto al voto, mentre l’8% deciderá tra sabato e domenica. 

Ma cerchiamo di ripercorrere in breve il cammino della sinistra spagnola negli ultimi anni.
La sinistra alla sinistra del PSOE è un spazio politico che fino al 2014 era stato occupato, per decenni quasi unicamente da Izquierda Unida, una grande federazione di partiti con all’interno molte sigle, tra cui lo storico PCE, il partito comunista spagnolo. Nel 2014 quello spazio viene poi fortemente ampliato da Podemos che, alleandosi con Izquierda Unida, formó Unidas Podemos, una forza di sinistra che dal 2020 governa insieme ai socialisti, nell’esecutivo guidato dal leader Pedro Sanchez. Negli ultimi anni, le forze che compongono Unidas Podemos hanno perso forza ma è emersa una nuova realtà, Sumar, un progetto politico portato avanti dalla ministra del lavoro Yolanda Diaz, che include diversi partiti di sinistra radicale tra cui la coalizione di Izquierda Unida, di cui fa parte anche il partito comunista e vari partiti locali. Sumar, fin dalla sua genesi ha voluto raggruppare tutte le formazioni alla sinistra del PSOE, rilanciando a livello politico un messaggio più progressista.
L’idea che fin dall’inizio ha guidato una mossa del genere, è stata quella di poter vedere una sinistra unita, pronta ad affrontare le elezioni incombenti, perché con il sistema elettorale proporzionale che vige in Spagna, ad essere premiati sono i partiti compatti e densi soprattutto a livello locale. In questo modo, si otterrebbe di riflesso un risultato migliore in termini di numero di deputati. Insomma, la massima che semplificherebbe il tutto sembrerebbe essere: “l’unione fa la forza”. Ma realmente questa unione tra PSOE-Sumar sarà in grado di evitare un governo PP-Vox?

Da quando il presidente del governo spagnolo Pedro Sanchez, lo scorso 29 maggio, ha annunciato elezioni anticipate al 23 luglio, c’è stata una fitta e intensa serie di incontri per raggiungere un accordo.  

Sumar,da parte sua, nell’ultimo mese ha lavorato per concludere accordi con le tante forze politiche della sinistra che a livello regionale hanno nomi diversi, dalla madrilena Más Madrid, alla valenziana Compromis, prima ancora di siglare un accordo a livello nazionale con Podemos. L’obiettivo dell’accordo in linea con quello di tutta la sinistra d’Europa in questa epoca, non è altro che quello di fermare l’avanzata della destra, nonostante gli enormi sforzi per ottenere un grande blocco progressista e compatto.
Non bisogna dimenticare infatti, che Sumar costituisce una forza di 15 partiti che ha ottenuto 2,2 milioni di voti nelle recenti elezioni municipali e regionali.

Le squadre negoziali di Diaz e della ministra dei diritti sociali ad interim e segretaria generale di Podemos, Iona Belarra, hanno cercato un compromesso fino all’ultimo. Uno dei nodi inestricabili è stata la richiesta da parte di Podemos di revocare il veto alla presenza nelle liste di Sumar della ministra dell’uguaglianza Irene Montero, veto che la ministra del lavoro Yolanda Diaz ha negato di aver posto, commentando “No. No es nuestro estilo vetar”.

Di fatto l’atmosfera tesa tra Sumar e Podemos si poteva intuire già dal fatto che all’indomani della chiusura dell’accordo, che ha permesso di registrare la coalizione elettorale, la ministra del lavoro Yolanda Diaz, ha tenuto un discorso di ringraziamento nei confronti dei partiti che faranno parte della coalizione, senza però esplícitamente menzionare Podemos. https://www.youtube.com/watch?v=miHZoCWmMp0
Da parte del partito viola però, si è sostenuta fin dall’inizio la gestione del governo di coalizione PSOE-Sumar, per evitare, usando le parole di Pablo Iglesias, la “tragedia della sinistra”. È impossibile non notare inoltre, come Podemos sia passato dall’essere forza egemonica a sinistra del PSOE a trovarsi oggi in un bivio esistenziale che potrebbe portarlo alla distruzione. 

Pedro Sanchez da parte sua, ha rimarcato l’importanza anche europea del nuovo governo di Madrid e del pericolo di un ennesimo governo di destra. 

Già a metà giugno il dato ricorrente in tutte le simulazioni di voto vedevano in vantaggio il Partido Popular, nonché il principale partito conservatore spagnolo guidato da Alberto Núñez Feijóo​, che si trova all’opposizione da 5 anni, dal primo insediamento al governo di Pedro Sanchez. 

Secondo gli ultimi sondaggi, i Popolari di Alberto Núñez Feijóo sono accreditati del 32,9% delle preferenze, pari a 135 seggi nel futuro Parlamento. Nessun dubbio dunque, almeno secondo la maggior parte dei sondaggi pubblicati fino ad oggi (salvo quello del CIS), sul fatto che il PP si appresti a tornare il primo partito del Paese, in coalizione (per poter raggiungere la maggioranza assoluta) con Vox, il partito di estrema destra di Santiago Abascal, alleato europeo di Giorgia Meloni. Il Partito Popolare è cresciuto (e si stima che continui a crescere) anche e soprattutto beneficiando della scomparsa di Ciudadanos.

Un aspetto interessante comunque, è il trend che vede crescere in Spagna, i due grandi partiti tradizionali, Partido Popular e PSOE, celando una frammentazione politica che invece è molto più evidente in altri paesi europei. Una delle motivazioni risiede sicuramente nel funzionamento della legge elettorale spagnola che da maggior peso ai voti delle province, dove gli elettori tendono a favorire i partiti tradizionali perché i partiti piú piccoli hanno poca rappresentanza sul territorio che possa spingere effettivamente gli elettori a prenderli in considerazione come alternativa reale di voto. Un fatto certo è che le piccole circoscrizioni hanno un grande peso nel processo decisionale. Come afferma il Direttore di Studi Politici dell’IPSOS, José Pablo Ferrándiz:​​​​​​ “Il PP e il PSOE hanno quella capacità più trasversale che né Podemos né Ciudadanos hanno in gruppi sociali, in fasce d’età e in territori dove non sono mai arrivati”.

​​​​La convocazione delle urne anticipate da parte di Pedro Sanchez, all’indomani della amara sconfitta del PSOE alle elezioni amministrative del 28 maggio (elezioni che ricordiamo, avrebbero dovuto tenersi a fine anno) è stata quella che sembrava l’unica mossa possibile che servisse a invertire il trend elettorale.
La decisione di dimettersi, convocare il consiglio dei ministri, sciogliere le Corti e procedere alla convocazione di elezioni generali però si è rivelata (almeno secondo gli ultimissimi sondaggi) un’arma a doppio taglio per il leader socialista, alla guida di un governo di coalizione dal gennaio 2020 (insieme a Unidos Podemos), ma già premier dal 2018.

Inoltre, le elezioni coincidono con l’inizio del mese di luglio, della presidenza di turno spagnola del Consiglio dell’UE.

Insomma, il rischio di un ennesimo governo di destra in Europa è palpabile ma ancora piu preoccupante è l’alta probabilità che vede un partito di estrema destra, Vox, governare in Spagna e questo non si verificava dai tempi della dittatura di Franco.