Ipotesi ragionate su quanto accaduto in Russia

Un primo bilancio della ribellione del capo dei mercenari russi Yevgenie Prighozhin contro il Ministro della Difesa russo Sergei Shoigou ha mostrato che quest’ultimo è il vincitore formale del conflitto.

di Raffaele Fraguas – Mundo Obrero

La sua ricomparsa fisica sulla scena di guerra, il fronte ucraino, contrasta con l’incognita attribuita al suo rivale, che potrebbe essersi rifugiato nella capitale bielorussa di Minsk. La logica del potere sembra essere accreditata, anche formalmente, in Russia, dove la dimensione statale della politica – le forze armate regolari restano la spina dorsale della forza coercitiva e difensiva dello Stato federale – ha la precedenza su qualsiasi altra dimensione. Anche su quella che ha incarnato, finora, l’avanguardia bellica sul fronte ucraino, dove il protagonismo dei Wagner, fino alla battaglia di Bakhmut, è stato evidente.

Se analizziamo l’accaduto per trarre delle conclusioni generali, ancora molto ipotetiche a causa della mancanza di prospettiva, ciò che è successo sembra essere dovuto a una caratteristica ricorrente osservata in ogni conflitto di questo tipo: le contraddizioni tra tattica e strategia. La tattica, la prima linea di combattimento, i mercenari di Wagner, nella loro necessaria subordinazione all’ordine strategico, lo Stato Maggiore russo, percepiscono lo sviluppo del combattimento in modo molto diverso da chi è responsabile dell’emissione degli ordini dalle retrovie. La distanza tra una direttiva strategica e la sua applicazione tattica sul campo di battaglia genera distorsioni che prima o poi finiscono per esplodere, soprattutto se la comunicazione, persino la chimica personale, tra i leader dei due poli della guerra viene meno, come è accaduto in passato.

Già in epoca romana i mercenari causavano problemi a Roma. Il ritardo dei soldati è stato una fonte di conflitto ripetuta in tutti i tipi di conflitti. Basta chiedere ai famosi Terzi delle Fiandre. Lo dimostrano anche le perplessità di Franco sulla Divisione Blu, che temeva informazioni politiche alle sue spalle tra il capo della divisione e Hitler.

Una delle lamentele di Prighozhin era la carenza di armi e munizioni per le sue truppe, che egli attribuiva alla presunta incompetenza del Ministero della Difesa. Si trattava davvero di una decisione intenzionale e premeditata da parte del dicastero di Shoigu, al fine di ridurre l’autonomia, anche politica, che i mercenari stavano acquisendo grazie al loro ruolo di primo piano nei combattimenti? O, al contrario, non c’era questa intenzione premeditata ed è stata utilizzata come argomento mendace da Prigozhin per dimostrare il suo rifiuto, da parte della responsabilità tattica, della direzione strategica della guerra, al fine di assumere anche questa e fortificare ulteriormente il proprio potere? Chi ha mentito, se c’è stata una bugia?

Una terza ipotesi si fa strada: ammesso che i servizi segreti occidentali, cioè inglesi e, in misura minore, americani, avessero voluto sfruttare le già visibili contraddizioni tra Prighozhin e Shoigou, non sarebbero stati loro, i servizi anglosassoni, magari con l’aiuto dei polacchi, a indurre questa interruzione intermittente dei rifornimenti con un’azione segreta, per erodere un rapporto già visibilmente incrinato dalle diverse visioni della guerra? Così, l’accusa del capo Wagner a Shoigou di aver bombardato le caserme delle forze mercenarie nelle retrovie, che ha scatenato la sua ribellione, potrebbe essere dovuta a una di queste – e in questo caso riuscita – operazioni false flag dello spionaggio anglosassone? Prighozhin considerava tali azioni segrete proficue per i suoi interessi politici, o forse le ha accettate per farsi strada al Cremlino? Ci sono opinionisti che dubitano dell’acume di questi due grandi servizi di intelligence, viste le disastrose direzioni politiche di cui Londra e Washington hanno recentemente goduto. Ma a volte questi servizi diventano autonomi e agiscono per conto proprio, con azioni inizialmente di successo che prima o poi vanno contro gli interessi dei rispettivi Stati, poiché tale autonomia è un fattore erosivo del potere statale.

La situazione creatasi in Russia a seguito dei recenti avvenimenti ha dato origine a problemi molto seri, soprattutto di natura politica, che sono molto difficili da risolvere. È necessario tornare indietro di qualche decennio per rintracciare le origini di quanto è appena accaduto. Da un lato, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, la dottrina militare della Federazione Russa è diventata problematica e confusa, mentre la linea di comando era frammentata e disordinata. In quasi tutti i casi, le forze armate hanno bisogno di principi ideologici di base e di chiare linee guida politiche per guidare le loro azioni, in pace e in combattimento. La dissoluzione dei principi ideologici sovietici dell’epoca e l’adozione di nuovi principi, debolmente improntati al nazionalismo panrusso, non hanno dato alle forze armate della Federazione Russa la coerenza ideologica, anche formale, di cui godevano un tempo gli eserciti dell’URSS.Forse per questo, e per un’estrema politicizzazione della gestione degli affari militari ereditata dal periodo in cui i commissari politici dirigevano i combattimenti militari sul terreno, il Cremlino, in nome delle aspettative geostrategiche che si sono aperte con la fine della Guerra Fredda, ha scelto di dare a forze mercenarie come i Wagner un ovvio ruolo di primo piano, un ruolo di primo piano che ora si sta ritorcendo contro chi ha deciso di diversificare militarmente la presenza russa in questa e in altre guerre, con i mercenari. Ricordiamo l’insediamento e i successi ottenuti dai Wagner in Africa, in particolare in Mali, nella lotta al jihadismo, e la loro presenza in altri Paesi del Sahel, oltre che in Mozambico, oltre al loro ruolo in Siria. La loro faccia tosta ha evidentemente garantito a Mosca un certo polso geostrategico.

Che tipo di sanzione imporrà all’uomo responsabile di aver orientato i carri armati verso Mosca, l’uomo che ha il merito di aver guidato con successo iniziative paramilitari in prima linea in questa guerra e in tante altre in Medio Oriente e in Africa? Darà l’amnistia a Yevgenie Prighozhin, con il consueto disappunto delle Forze Armate, o darà potere al comandante militare regolare, Sergei Shoigu, e quindi alle Forze Armate, che a loro volta otterrebbero una potenziale autonomia dal Cremlino che finora non hanno avuto? Il Cremlino sarebbe in grado di ammettere che sono state varie operazioni di intelligence da parte dei servizi stranieri a raggiungere questo obiettivo politico, nel caso in cui tale incentivo fosse una certezza? È improbabile che il potere, soprattutto se centralizzato come a Mosca, ammetta che gli è stato inflitto un tale danno. La riconciliazione tra Wagner e la Difesa sarebbe più simile a un film per bambini. E la morte “accidentale” di uno dei due rivali farebbe violenza all’immagine della Russia. La palla è nel campo del Cremlino. Solo un genio potrà uscire da questo tremendo pasticcio, in un momento in cui la strombazzata controffensiva militare ucraina è solo questo: strombazzata. L’aspetto più preoccupante è che l’esito degli eventi in Russia genererà una nuova configurazione di potere che porterà inevitabilmente a un’escalation verso il temuto confronto nucleare, un timore che forse spiega la discrezione formale con cui Washington ha reagito ai recenti eventi.