La riforma del lavoro spagnola che sfida l’ortodossia neoliberista

Il mese scorso, il governo progressista spagnolo (Partito socialista e sinistra radicale Unidas Podemos) ha approvato una legge sul lavoro che è in completo contrasto con ciò che l’ortodossia neoliberista vuole imporre sul mercato del lavoro. Il professore spagnolo di diritto del lavoro Antonio Baylos ci offre una panoramica.

di Antonio Baylos – Transform! Europe

La notte prima della vigilia di Natale, i sindacati, le associazioni dei datori di lavoro e il governo hanno raggiunto un accordo sulla riforma del lavoro. L’accordo cambia il modo in cui i rapporti di lavoro sono affrontati attraverso la mercificazione del lavoro. Successivamente, apre un percorso verso lo sviluppo di impegni di trasformazione delle economie degli Stati membri dell’UE che non sono gravati dagli obblighi delle restrizioni sui diritti del lavoro e dal rafforzamento dell’unilateralismo aziendale basato sull’inconfutabile richiesta di lavoro flessibile non negoziato dall’amministrazione e dalle organizzazioni del lavoro.

L’Accordo non può prescindere da una strategia avviata più di un anno fa per ricostruire i rapporti orizzontali tra i governi nazionali nell’interesse di una progressiva uscita dal periodo post-COVID19. Dopo essere stato approvato dal Consiglio dei ministri con regio decreto-legge 32/2021 del 28 dicembre, l’Accordo ha sancito misure urgenti per la riforma del lavoro, le garanzie di sicurezza del lavoro e la trasformazione del mercato del lavoro. La riforma ha un impatto particolare sullo Statuto dei Lavoratori, e si riflette in una serie di blocchi normativi qui citati:

Un nuovo regolamento sui contratti di formazione, che elimina il contratto di tirocinio (formazione professionale medio-alta o titolo universitario), il contratto di formazione e apprendistato, e il contratto di formazione duale universitario, sostituiti da un nuovo contratto di formazione con due modalità: formazione a rotazione con retribuzione di terza parte lavoro; o svolgere attività finalizzate all’acquisizione di un’adeguata esperienza professionale. Questa modifica normativa intende preservare la componente formativa dell’inserimento lavorativo e garantire i diritti dei giovani nello svolgimento del proprio lavoro. Parimenti, l’articolo 12 dello Statuto dei Lavoratori è modificato per consentire i contratti di formazione a tempo parziale. In una disposizione aggiuntiva, i governi si impegnano a produrre uno statuto del tirocinante entro un periodo di sei mesi, il cui obiettivo è “la formazione di tirocinio con tutor presso enti o aziende equivalenti,

Il secondo grande blocco riguarda la modifica dei contratti a tempo determinato, combinando azioni di profonda rielaborazione degli articoli 15 e 16 dello Statuto dei lavoratori. Il concetto centrale della riforma in questo settore si basa su quattro principi chiave:

a) Il presupposto che i contratti di lavoro siano stipulati a tempo indeterminato, ripristinando la formula modificata dalla riforma del 1994 affinché le attività aziendali stabili e permanenti debbano essere coperte da contratti a tempo indeterminato.

b) Ritenendo che un contratto a tempo determinato debba essere connesso a una causa che ne giustifichi la natura temporanea, le eccezioni si limitano a due possibilità: per circostanze produttive o per sostituzione di un lavoratore, che comporta l’eliminazione dei contratti per specifici servizi o progetti.

c) Contratti a tempo determinato senza giusta causa, inadempienti agli obblighi previdenziali, ovvero dopo una successione di contratti “per lo stesso o diverso ruolo presso la stessa società o gruppo aziendale” per più di diciotto mesi in un periodo di ventiquattro mesi permanente.

d) Spostare al dipartimento delle sanzioni amministrative il baricentro della risposta alle infrazioni di legge contro il principio di nesso di causalità contrattuale, considerando le infrazioni per ciascuno dei singoli lavoratori interessati.

Sono incluse una serie di disposizioni che ne tengano conto. In primo luogo, l’orientamento delle misure che possono essere stabilite con contratto collettivo in merito ai piani di riduzione dei contratti a tempo determinato, nonché la fissazione di criteri generali relativi a adeguati rapporti tra contratto a tempo determinato e organico aziendale, criteri per la conversione di contratti a tempo determinato o temporanei in contratti a tempo indeterminato, o fissando percentuali massime di contratto a tempo determinato e le conseguenze del mancato rispetto delle stesse. Allo stesso modo, le autorità pubbliche si impegnano a valutare i risultati di queste misure entro un periodo di tre anni per verificare se le tariffe dei contratti a tempo determinato siano effettivamente migliorate e, in caso negativo, in modo che possano proporre misure aggiuntive mirate a questo obiettivo nel quadro del dialogo sociale .

Il punto successivo affronta la “modernizzazione” del subappalto di progetti o servizi nell’articolo 42 dello Statuto dei lavoratori, che mira essenzialmente a evitare l’uso del subappalto di produzione come formula di riduzione dei costi aziendali in base al degrado delle condizioni di lavoro dei lavoratori subappaltati, che è anche connesso a un principio di antidiscriminazione come avviene nei settori a predominanza femminile come i servizi di pulizia. Lo spiega la normativa che si applica ai lavoratori dell’appaltatore, dove i servizi forniti sono disciplinati dal contratto di settore del ramo di attività dell’impresa principale.

Il quarto blocco normativo ha il compito di recepire l’esperienza maturata attraverso la legislazione sullo stato di emergenza in materia di cassa integrazione (ERTE, in spagnolo) come modalità per mantenere l’occupazione in normali scenari produttivi. Pertanto viene riformato l’articolo 47 dello Statuto dei Lavoratori e viene creato il nuovo articolo 47 bis dello stesso regolamento. Gli adeguamenti temporanei del lavoro mediante sospensione o riduzione delle giornate lavorative per motivi economici e la creazione del cosiddetto meccanismo RED vengono introdotti come fase primaria introdotta nella decisione aziendale di risolvere collettivamente i rapporti di lavoro al punto da non conteggiare tali soggetti come disoccupati in vista della nuova Disposizione Aggiuntiva 39 del GLSS che pubblica il citato regolamento.

Il quinto blocco si concentra sulla riforma della contrattazione collettivaagli articoli 84 e 86 dello Statuto dei Lavoratori. La soluzione trovata al problema di affrontare quale contratto collettivo aziendale applicare è stata un regolamento che le successive riforme strutturali del ciclo di crisi 2010-2013 hanno visto inserito nelle ordinanze greche, italiane, francesi e portoghesi, che doveva eliminarne la componente di base, vietandone l’applicazione sugli stipendi e sulle integrazioni salariali affinché “non si determini un effetto svalutante con svantaggi o costi compensativi ingiustificati tra le imprese”, che è stato comunque il pilastro centrale dell’azione di tale regolamento. Il prossimo punto da affrontare è il recupero del principio dell’“attività ultra” dei contratti collettivi, eliminando la regola per cui la pretesa del contratto collettivo decade dopo un anno se non viene raggiunto un nuovo accordo.

La riforma, inoltre, abroga la previsione dello Statuto dei Lavoratori sulle peculiarità dei contratti di servizio e di progetto con le Pubbliche Amministrazioni (Disposizione Aggiuntiva 14, commi 1 e 2 dello Statuto dei Lavoratori), e l’importantissima norma in materia di licenziamento per motivi economici, tecnici, per motivi organizzativi o produttivi del settore pubblico, che comporta l’ eliminazione della facoltà delle Pubbliche Amministrazioni di licenziare i propri dipendenti per motivi di bilancio.

La riforma del 2021 interviene modificando profondamente i contratti a tempo determinato, che sono legati a cause stringenti derivate da circostanze eccezionali perché si presume che i contratti di lavoro siano stipulati a tempo indeterminato per le normali attività aziendali a tempo indeterminato, con forte sviluppo del contratto di lavoro a tempo indeterminato modalità e recupero di una componente formativa secondo lo scopo del contratto di formazione duale. Essa contrasta chiaramente con la tendenza di vecchia data dell’ordinamento spagnolo, iniziata con il contratto a tempo determinato del 1977 per favorire l’occupazione, timidamente contrastata nel 1997. Questa tendenza favorisce la precarietà del lavoro come modalità ordinaria di gestione del lavoro, con cui l’Accordo intende contrastare anche la sua riformulazione del sistema sanzionatorio.

In contrasto con la normativa del ciclo 2010-2012 incentrata sulla cessazione e sul licenziamento collettivo, il presente Accordo non solo concentra i propri sforzi sulla sicurezza del lavoro attraverso restrizioni temporanee del lavoro, ma incorpora anche una serie di precetti volti a limitare e limitare i licenziamenti collettivi di un’azienda opzioni, in particolare sulla base delle proiezioni sulla legislazione del lavoro “ordinario” derivanti dall’esperienza maturata con le ERTE durante lo stato di emergenza. In quanto strumento che può essere utilizzato come formula per salvaguardare l’occupazione in tempi di crisi, il meccanismo RED risponde a questo limitando il ricorso al lavoro in subappalto. Tuttavia, ci sono anche importanti abrogazioni in materia di licenziamenti, in particolare la possibilità di licenziare i lavoratori per motivi economici, tecnici, organizzativi o produttivi del settore pubblico. A sua volta, ripristina la gestione del sistema da parte dei contratti collettivi di settore, in particolare in termini di retribuzioni e “ultra attività” del contratto. Per quanto riguarda i subappaltatori e le imprese appaltatrici, prevale il contratto collettivo applicabile al settore appaltatore o subappaltatore, indipendentemente dall’oggetto sociale o dalla struttura giuridica.

In sostanza, questo è un esempio di una nuova politica legale del lavoro che punta in una direzione contraria alle riforme attuate in Spagna sin dalla Costituzione e dall’emanazione dello Statuto dei lavoratori. In effetti, né l’importantissima riforma del lavoro del 1994 né la riforma del lavoro del 2002, e certamente non quelle realizzate durante il ciclo di crisi finanziaria e debito sovrano 2010-2012, hanno avuto un percorso politico a difesa degli interessi dei lavoratori, trasmettendo invece un modello di flessibilità del lavoro , rafforzamento dell’unilateralismo aziendale e rapporti di potere iniqui con le aziende. Di conseguenza, il periodo in Spagna a partire dal 2020 rappresenta un importante punto di svolta nell’orientamento democratico e politico delle strutture quadro istituzionali in materia di relazioni di lavoro, con il RDL 32/2021 che segna una nuova pietra miliare in questo processo.