Luciana Castellina: dobbiamo evitare che il pacifismo diventi protesta intermittente

Vi proponiamo il discorso pronunciato dalla fondatrice del quotidiano italiano “Il Manifesto” e del Partito di Unità Proletaria, l’ex eurodeputata Luciana Castellina, al raduno ‘L’Europa per la Pace’ a Roma.

Al di là della guerra stessa, mi preoccupa ancora di più ciò che si sta creando in Italia, a cominciare da come si comportano i canali televisivi. C’è davvero più di un motivo per avere paura.

D’altra parte, sono stato felice di rivedere in strada il nostro movimento pacifista, dopo tanti anni, il movimento di noi anziani degli anni ’80 durante gli ultimi anni della Guerra Fredda e poi di nuovo in piazza durante i primi e seconda guerra in Iraq, quando il New York Times scrisse del movimento: “È emersa la seconda potenza internazionale”. E agendo – con intelligenza – come ha fatto, anche durante l’orribile conflitto jugoslavo.

Da allora sono passati vent’anni. E sfortunatamente il motivo della nostra riunione è l’occupazione militare criminale e anche stupida dell’Ucraina, un atto che potrebbe avere conseguenze impensabili.

Se i nostri capi di governo e i loro menestrelli, invece di indossare i loro elmetti e intonare inni patriottici ai “valori occidentali” e invece della decisione irresponsabile di inviare armi agli ucraini, sapendo benissimo che non possono vincere contro i carri armati russi ma si offrono solo come vittime di un terrificante bagno di sangue – se invece di questo riflettessero su come essere efficaci nel perseguire un adeguato compromesso, potrebbe ancora essere possibile impedire che tutto degeneri in una guerra mondiale, combattuta nel territorio più saturo di centrali nucleari della terra .

Che l’Europa si assuma la responsabilità di provvedere alla mediazione – perché la neutralità è un obiettivo realizzabile – questo è ciò che dobbiamo riuscire a realizzare.

Tuttavia, ho chiesto agli attivisti per la pace di riunirsi in un’autocritica collettiva: siamo stati attivi e pronti a rispondere nei momenti esplosivi, ma non abbiamo prestato attenzione durante le lunghe fasi in cui si stavano preparando i disastri, in particolare per quanto riguarda la politica avanzata dall’Unione Europea. Non abbiamo proiettato adeguatamente, o abbastanza a lungo, quanto fosse grave perdere l’occasione della caduta del muro di Berlino per concretizzare il nostro vecchio slogan: “Un’Europa senza missili dall’Atlantico agli Urali”. Cioè, non siamo riusciti a costringere i nostri governi a fare ciò su cui in realtà erano d’accordo con Gorbaciov: che una volta ritirate le truppe del Patto di Varsavia, lo stesso sarebbe accaduto con le truppe della NATO. Non abbiamo impedito all’allargamento dell’Unione Europea di costruire un altro muro militare che isolasse la Russia piuttosto che coinvolgerla nella costruzione di una rete cooperativa. E, più recentemente, non abbiamo prestato sufficiente attenzione alla guerra civile che stava devastando la regione di confine russo-ucraina a partire dal 2014. Abbiamo ignorato la crescente frustrazione della popolazione russa per essere stata emarginata e disprezzata. Così anche noi siamo responsabili per aver contribuito alla crescita del pericoloso potere di Putin, alimentato com’è dall’umiliazione del popolo russo. 

Vorrei chiedere a tutti noi di riflettere sulla nostra negligenza. Se non vogliamo più considerare la guerra come uno strumento di politica estera – come non dovremmo – allora dobbiamo evitare che il pacifismo si trasformi in una protesta meramente intermittente.

Le guerre possono essere fermate solo combattendo i processi che le preparano: questa è la prospettiva temporale in cui dobbiamo intervenire. Ora che il pasticcio è stato fatto possiamo ancora fare tante cose utili, e quindi dobbiamo rimboccarci le maniche. L’ARCI[1] ha proposto l’organizzazione di una carovana di autobus, non per portarci in Ucraina, che creerebbe solo confusione, ma “autobus vuoti, con a bordo solo l’indispensabile: un autista e un organizzatore”. Perché questo è ciò di cui ora hanno bisogno gli ucraini: un mezzo di trasporto per metterli fuori pericolo.

Può darsi che molti ucraini – gli uomini coraggiosi che sono rimasti a combattere – non si accontenteranno di questo. Ma è nostra responsabilità spiegare ciò che Papa Francesco una volta disse per senso di realismo: anche guerre giuste oggi non si possono più fare.

Questo non è un invito a capitolare. È solo un invito a capire che oggi – in presenza di armi di distruzione di massa – dobbiamo combattere con la mente piuttosto che con i fucili, che non è più il momento di ripetere la Spedizione di Sapri,[2] ‘quando 300 giovani forti e abili furono uccisi». Oggi sono miliardi quelli che morirebbero.

 

Riferimenti

[1] Associazione Italiana Ricreativa e Culturale, la rete nazionale dei circoli di quartiere nata dopo la seconda guerra mondiale in Italia, che riunisce elementi del Partito Comunista Italiano e dei movimenti cooperativi e centro di gravità per i movimenti storici di pace e antiglobalizzazione .

[2] Un’operazione organizzata nel 1857 dai rivoluzionari seguaci di Mazzini durante il Risorgimento italiano.