L’uso politico di Lino Banfi (e non c’è niente da ridere)

Nel giorno della presentazione pubblica del reddito di cittadinanza, il ministro Luigi Di Maio dichiara di nominare Lino Banfi nella commisione italiana per l’Unesco. Da quel momento i media non parlano d’altro. La scelta è geniale dunque perché distoglie da una misura comunque controversa (i contenuti del reddito di cittadinanza) e riaggrega i tanti sfiduciati su una linea alto-basso, popolo-élite.

di Nicola Cucchi

BIM-BUM-BANFI: la bolla mediatica contro una “sinistra antipatica”

È curioso ma certamente non casuale che il giorno in cui si presentava ufficialmente la misura simbolo, i vertici 5 stelle abbiano deciso di distogliere l’attenzione su altro. La scelta di nominare Banfi è geniale nella misura in cui riesce ancora una volta a riprodurre la rappresentazione fittizia élite/popolo. Secondo questa visione: chi non apprezza Lino Banfi è snob. Chi non è disposto a vederlo in quel ruolo solo perché non ha titoli (!!) è espressione di un élite che si considera depositaria della vera cultura e viene giustamente del tutto delegittimata dal “popolo” che ama Lino Banfi e non guarda i titoli ma il cuore delle persone.

 

Luigi Di Maio dice (ridendo): “Abbiamo fatto Lino Banfi patrimonio dell’Unesco”

Banfi risponde: “In questi casi (credo) le commissioni si siano fatte con persone plurilaureate che conoscono i posti ecc. io voglio solo portare un sorriso dovunque

Come sostiene il Prof. C. Ocone: “L’attrito che si è cercato di creare ad arte è quello fra una figura rappresentativa e nota della comicità popolare più semplice e l’idea che uno ha di queste assemblee come un consesso di dotti accademici o intellettuali raffinati.

Al netto del fatto che ammette esplicitamente di non avere i requisiti per essere in quel consesso,

chi può essere contro questa esplosione di emotività. Quasi nessuno.
Questo deve portarci a riflettere sul fatto che oggi ormai si fa politica solo con le emozioni.

Sempre meno persone sono in grado di esprimere un ragionamento politico complesso, che elabori le emozioni e le esperienze ad un livello più ampio della pura esperienza personale. Quindi, chi non è in grado anche di emozionare è necessariamente tagliato fuori.

Indicative in questo senso le parole di Scanzi, a “Otto e mezzo” su LA7, rispetto alla necessità della competenza per ricoprire cariche pubbliche: “La sinistra è già antipatica a 4/5 dell’elettorato, se ogni volta che viene scelta una figura nazional-popolare risponde così, (con lo stesso snobismo che mostrava 40 anni fa Nanni Moretti quando diceva ‘Te lo meriti Alberto Sordi’) diventerà ancora più antipatica.”

Insomma, se vuoi fare politica oggi devi inseguire il consenso popolare, a ogni costo.

 

VADE RETRO SATIRA: l’impotenza di una risata

Come nel caso di Salvini e De André di cui abbiamo parlato la settimana scorsa, la risposta politica principale di molti coincide con la satira: “e allora mandiamo Jerry Calà all’antidroga, Cristian De sica al fondo monetario internazionale”, o peggio con l’indignazione dei competenti, legittima ma inefficace.

Dalla pagina fb “Gli Eurocrati” troviamo l’elenco dei titoli degli altri nominati alla commissione confrontati al “zeru tituli” del nostro Lino.

 

Membri delle Commissioni nazionali UNESCO:

– Austria: dr. Sabine Haag, anglista, americanista e storica dell’arte. Direttore generale del Kunsthistorisches Museum di Vienna.

– Regno Unito: Colin McInness, massimo esperto di sonde spaziali a vele solari, membro dell’Ordine dell’Impero britannico, …, è professore di Engeneering Science all’Università di Glasgow.

– Francia: Daniel Janicot, Membro del Conseil d’administration de la bibliothèque publique d’information del Centre Georges-Pompidou; vicepresidente ……; guida i progetti di restauro dell’Ermitage di San Pietroburgo e a Mosca del teatro Bolshoi e della Biblioteca nazionale.

– Germania: Christoph Wulf, professore di antropologia e filosofia dell’educazione ……; membro dell’International Research Centre for Cultural Sciences (Vienna)

– Italia: Lino Banfi

 

Siamo oramai abituati a rispondere all’ignoranza degli esponenti di governo con ironie varie senza chiederci mai profondamente perché raccolgono consensi. La loro strategia al contrario è accurata e affonda su problematiche sociali che si sono aggravate negli ultimi decenni.

L’indignazione che vuole suscitare negli acculturati la nomina di Banfi è strumentale a confermare la separazione netta tra ceti acculturati minoritari e grande massa di cittadini comuni.

Come sostiene correttamente il Prof. Panarari: “(Banfi) è un campione nazional popolare con il quale i populisti intendono sintonizzarsi anche a livello simbolico e in questo modo compiono un’operazione che sta all’interno della vittoria dell’egemonia sottoculturale e della distruzione del principio di competenza.

 

Intrappolati da indignazione e autoreferenzialità

L’errore politico peggiore è sottovalutare l’accurata strategia comunicativa, non prenderli sul serio per la loro incompetenza. Ogni dichiarazione 5S è un’azione politica, che partendo da un’accurata analisi di contesto porta avanti una strategia di disarticolazione istituzionale.

La spaccatura che separa la “cultura alta” dalla società non è affatto inventata, anche se ovviamente non ha una forma binaria “élite/popolo”. In realtà, bisogna riconoscerlo, si è sedimentata negli anni una lunga e profonda distanza tra le istituzioni – politiche e culturali – e i cittadini comuni, favorita dal venir meno dei corpi intermedi – partecipazione diffusa a partiti, sindacati ecc; una tendenza che ha generato nelle accademie un’inquietante spinta all’autoreferenzialità.

Il punto però è la ricaduta di una strategia populista che punta ad esacerbare questa condizione. Questo “mostrarsi vicini al popolo” non è mai emancipatorio verso i subalterni, né tanto meno vuole rilanciare le istituzioni delegittimate. Si tratta al contrario di un atteggiamento manipolatorio nei confronti di tanti che non hanno accesso alla cultura, per ottenere facili consensi.

Così, se da una parte “i populisti” speculano sul distacco oggettivo e palpabile tre cittadini e accademie, d’altra parte nella fetta sociale più acculturata domina incontrastata l’indignazione snob, eredità tossica dell’antiberlusconismo, che si basa su un assunto:
in un paese normale non è possibile che…

– (ieri) è impossibile che uno come Berlusconi (un condannato!) sia al governo.

– (oggi) è impossibile che degli incompetenti come i cinque stelle abbiano preso il 32% (Di maio bibitaro allo stadio non laureato ecc.) o che nominino Banfi all’Unesco.

L’Italia non è un paese normale, l’Italia è l’Italia e questo atteggiamento “autoconsolatorio” è solo una scusa per non fare politica seriamente: l’Italia non è un paese normale quindi non vale la pena impegnarsi.

Per anni abbiamo fatto finta di non vedere che la sfiducia nei partiti e perfino nelle istituzioni stava raggiungendo percentuali enormi. Grillo che esclamava: “siete morti!”  sembrava esagerare, ma per molti versi aveva ragione. E il punto vero è l’incapacità di tanti di capire come e quanto la società sia cambiata in questi anni, nonostante l’elettorato abbia decretato la loro morte politica.

Per concludere mi limito a un riferimento a una canzone geniale scritta da Gaber nel 1974 e poi ripresa nei prima anni ’90 “La realtà è un uccello”. Così approfitto anche per ricordare che ieri avrebbe compiuto 80 anni.

Versione del 1974-75 si riferisce ai partiti di allora 

 

Versione del 1994-95 più contemporanea