Ada Colau è di nuovo sindaca di Barcellona. Ma a quale prezzo?

Alla fine c’è l’ha fatta Ada Colau, la sindaca in carica proveniente dai movimenti della sinistra radicale, ad essere riconfermata come prima cittadina di Barcellona.

di Adriano Manna

 

Una riconferma tutt’altro che scontata, anche alla luce di quelli che sono stati i risultati delle elezioni locali che vedevano la candidata di Barcelona en Comù arrivare seconda, seppur per una manciata di voti, alle spalle di Ernest Maragall candidato della lista indipendentista di centro-sinistra Esquerra Republicana de Catalunya (Erc), che però aveva raccolto in consiglio comunale lo stesso numero di consiglieri della lista in appoggio alla sindaca uscente.

La legge elettorale spagnola qui è venuta in aiuto alla Colau, perché se è pur vero che teoricamente al primo candidato sindaco eletto è consentito creare una giunta di minoranza (come fatto dalla stessa Colau nella scorsa amministrazione) questa possibilità viene meno qualora si riesca a creare in alternativa una maggioranza effettiva in consiglio.

Proprio quando tutto sembrava perduto, ai consiglieri della Colau e dei suoi alleati dichiarati,  gli otto membri eletti del Partito dei Socialisti Catalani (Psc), si sono aggiunti a sorpresa quelli di Manuel Valls e di altri due consiglieri eletti nella lista di centro liberale Ciudadanos. Un’offerta che, almeno pubblicamente, non presuppone alcuna contropartita politica e sembrerebbe avere il solo fine di mettere fuori gioco il fronte indipendentista.

Ada Colau in realtà aveva dichiarato di avere prima opzione la creazione di un fronte unico delle sinistre che comprendesse Barcelona en Comù, socialisti catalani e indipendentisti di sinistra, ma i veti incrociati fra quest’ultimi due avevano fatto naufragare sin da subito questa ipotesi.

Se lo sviluppo odierno mette al sicuro la sopravvivenza del percorso politico neomunicipalista messo in campo dalla Colau in questi anni (ma il prezzo politico reale dell’accordo è probabilmente ancora tutto da quantificare), le conseguenze potrebbero esserci sul piano nazionale: gli indipendentisti, sentendosi defraudati, hanno già annunciato quattro anni di opposizione frontale a Barcellona e potrebbero essere ora ancor meno propensi ad un’alleanza col PSE e Podemos per il governo della Spagna dove il socialista Pedro Sánchez, per valutare l’ipotesi di un governo del fronte delle sinistre, necessita oltre che dei voti di Podemos proprio di quelli di Esquerra Republicana.