Italia: si fa strada la sinistra contro la guerra

Pubblichiamo questo interessante contributo sulla lista per le europee contro la guerra che sta promuovendo Michele Santoro insieme ad alcune forze politiche della sinistra italiana. L’articolo è tratto da Diario Red, un canale promosso e curato da Pablo Iglesias.

Iglesias e Santoro sono stati entrambi ospiti della festa nazionale di Rifondazione comunista che si è tenuta a fine settembre a Bologna.

Di Arantxa Tirado – Diario Red

In Italia, da mesi, il giornalista Michele Santoro, figura storica del giornalismo italiano, ha deciso di esprimersi contro la narrazione unica presentata dalla stampa e dai media italiani in uno dei Paesi più atlantisti d’Europa.

La guerra tra la Russia e l’Ucraina o, per essere più precisi, tra la Russia e la NATO, infuria da più di diciotto mesi senza alcun progresso nella ricerca di un negoziato per porre fine al conflitto.

Oltre alla responsabilità che ciascuno dei contendenti deve assumersi per le proprie azioni, ci sono altre ragioni che giocano un ruolo nell’impedire una soluzione diplomatica. Il fattore principale, che spiega in gran parte anche l’origine del conflitto, risiede nella volontà dei Paesi della NATO di incoraggiare la continuazione della guerra armando e finanziando una delle parti, in questo caso l’Ucraina attaccata.

Così, gli Stati Uniti e l’Unione Europea (UE) hanno deciso di continuare a sostenere i loro alleati ucraini con l’argomento di non abbandonare una nazione sotto attacco da parte di un folle, malvagio, satrapo (o mettete qui il vostro aggettivo preferito) Vladimir Putin. Con il pretesto di difendere i valori europei o occidentali, gli Stati Uniti e l’UE hanno pompato quasi 350 miliardi di dollari in Ucraina. Il pericolo per l’Europa di un’immaginaria e quindi sempre ipotetica espansione della Russia di Putin verso altri Paesi europei, come avvertito nei giorni scorsi alla riunione della Comunità politica europea a Granada, è servito a giustificare ulteriormente la politica militarista dell’UE. L’Europa ha dimostrato il suo impegno nei confronti dell’Ucraina di Volodymir Zelensky, ma anche la sua impotenza a uscire dalla logica di guerra in cui è impantanata.

In questi lunghi mesi di guerra abbiamo assistito al bombardamento di un’incessante propaganda unilaterale che ha impedito il necessario dibattito sulle cause e sulle conseguenze del conflitto. Questa propaganda, come in tutti i conflitti storici, ha trasformato in nemici coloro che hanno osato mettere in discussione la versione ufficiale della parte pro-NATO. Così, individui, partiti o movimenti sociali sono diventati filorussi o amici di Putin semplicemente per essersi rifiutati di inviare altre armi all’Ucraina o per aver sollevato la necessità di una soluzione negoziata a una guerra che ha già accumulato troppi morti da entrambe le parti.

L’esperienza italiana può aiutare a dimostrare che ci sono molti in Europa che capiscono che per ottenere la pace non è necessario finanziare la guerra.

Sono poche le voci che si sono levate in Europa in questo periodo per cercare di raffreddare l’ardore bellico in cui si sono tuffate le autorità del continente, con in testa l’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Tra queste, in coincidenza con il primo anniversario della guerra, c’è il manifesto “Dichiarazione per la pace in Ucraina”, firmato da 17 leader politici europei e turchi e da due presidenti latinoamericani, il colombiano Gustavo Petro e l’argentino Alberto Fernández. Proprio i Paesi del Sud globale sono stati i più attivi nel rompere la falsa dicotomia bellica posta dai Paesi occidentali. A questo proposito spicca il piano di pace proposto dalla Cina per l’Ucraina.

Con alcune eccezioni, la ricca tradizione contro la guerra che ha caratterizzato la storia della sinistra europea e globale sembra essere stata abbandonata in questo conflitto. Forse perché ci troviamo in un momento storico di incerta transizione geopolitica e di palpabile confusione ideologica. Oggi, molte forze un tempo ribelli sono salite sul carro della guerra per convinzione o per opportunismo, molto più preoccupate di attenersi al copione di ciò che si può dire nei media, senza essere linciate per questo, che di proporre con coraggio idee che vadano contro l’immaginario egemonico plasmato da quegli stessi media.

Ma ci sono sempre voci coraggiose che si alzano per illuminare il cammino di chi seguirà le loro orme. In Italia, da mesi, il giornalista Michele Santoro, figura storica della sinistra italiana, ha deciso di parlare contro la narrazione unica presentata dalla stampa e dai media italiani in uno dei Paesi più atlantisti d’Europa. In questo modo, Santoro è diventato, nell’ultimo anno e mezzo, il punto di riferimento per chi pensa che la guerra debba finire e che l’Europa debba impegnarsi in questo senso, invece di continuare ipocritamente a partecipare a un conflitto in cui a uccidere sono altri.

Le opinioni di Santoro sembrano essere molto meno minoritarie di quanto i media abbiano cercato di presentarcele per tutto questo tempo, visto che è riuscito a raccogliere intorno a sé un movimento che, proprio di recente, si è riunito in assemblea per decidere di lanciare una candidatura politica contro la guerra per le prossime elezioni europee del giugno 2024. L’obiettivo è quello di portare nelle stesse istituzioni europee la voce di tutti coloro che vogliono smettere di finanziare la guerra in Ucraina e togliere l’Europa dal suo ruolo subalterno agli interessi geostrategici degli Stati Uniti. La lista di Santoro ha già il sostegno di alcuni dei principali filosofi, intellettuali e politici italiani, rappresentanti di una sinistra pluralista che spazia dalle posizioni socialdemocratiche a quelle comuniste, insieme a settori tradizionalmente pacifisti del cattolicesimo di base. Si tratterebbe del primo partito politico nato in Italia con posizioni chiaramente contrarie alla guerra.

Possiamo aspettarci qualcosa di simile in Spagna? Non sembra che ci troviamo in uno scenario simile, poiché il tema della guerra è stato escluso dal dibattito pubblico, con alcune eccezioni, e ciò che osserviamo è la sopravvivenza della narrazione unica che è stata messa in discussione solo da alcuni membri del governo appartenenti a Podemos e da alcuni deputati del Partito Comunista di Spagna. A livello intellettuale e mediatico, le voci dissonanti sono una rarità. Il silenzio dei media spagnoli sull’iniziativa di Santoro, al centro del dibattito della sinistra italiana, è sintomatico.

Tuttavia, in un’Europa con gravi problemi economici, alcuni dei quali aggravati dalla guerra, è difficile difendere il perpetuarsi di un conflitto che non servirà a risolvere lo scontro tra Russia e Ucraina e che, oltre a causare morti inutili, danneggia i cittadini europei, per quanto si aggiungano valori epici alla vicenda. Anche negli Stati Uniti si stanno moltiplicando le voci, soprattutto quelle legate al Partito Repubblicano, che si rifiutano di continuare a finanziare l’Ucraina. Hanno ben compreso quanto sia paradossale e incomprensibile per il loro elettorato continuare a pagare gli stipendi dell’amministrazione ucraina mentre la loro amministrazione è sull’orlo del default. È probabile che queste posizioni vengano riprese dalle destre europee. Infatti, le recenti elezioni in Slovacchia, che hanno visto la vittoria del socialdemocratico Robert Fico, hanno spinto il presidente in carica ad anticipare la fine degli aiuti militari della Slovacchia all’Ucraina.

A un anno e mezzo dall’inizio della guerra, il guerrafondaio delle autorità dell’UE viene sempre più affrontato da un’Europa emergente, l’Europa contro la guerra. Forse è ancora una minoranza, ma è senza dubbio una forza che ha il merito di andare controcorrente in tempi in cui la narrazione egemonica che impone una scelta tra bianco e nero non ammette sfumature. L’esperienza italiana può contribuire a dimostrare che in Europa sono in molti a capire che per ottenere la pace non è necessario finanziare la guerra.